Quando Leo mi ha chiesto di partecipare allo Speciale Natale sul suo blog Sanguedinchiostro con un racconto natalizio ho accettato sbaragliata dal suo entusiasmo.
Quando, poi, ha precisato che il testo era libero purchè, cito testualmente, “intriso di atmosfera e magia natalizia e con una specie di morale”, ho avuto un mancamento e ho realizzato che la maggior parte degli autori coinvolti era assolutamente e totalmente intrisa di ammmore per l’atmosfera e la magia natalizia.
Non sono sicura di aver rimediato, ma vi giuro che ho fatto il possibile per entrare nello spirito.
Il mio possibile, va da sè.

Ed ecco cosa successe

LA NOTTE IN CUI UN’AVVOCATO, UNA BIMBA E UN ELFO…

Stava lì, in piedi su tacchi alti e affilati, impalata nel tailleur d’alta sartoria, di fronte al caminetto, più perplessa che spaventata. Le era particolarmente difficile credere a ciò che le giaceva davanti. Aveva appena dato fuoco a un uomo che si trovava nella canna fumaria nel momento in cui lei aveva deciso di accendere il camino e ora, dopo un iniziale trambusto di urla e scivolate, il corpo di un vecchio vestito da Babbo Natale era precipitato sul fuoco e rotolato sul tappeto persiano con uno smisurato sbuffo di fuliggine.
La sua mente razionale aveva stabilito che quello doveva essere un ladro, astutamente mascherato da Babbo Natale la notte della Vigilia per rendere giustificabile la propria presenza sui tetti delle case di quel ricco quartiere residenziale, una ghiottoneria per i dediti all’appropriazione indebita.
Certo, sembrava davvero anziano. Troppo anziano per arrampicarsi sulle grondaie e infilarsi in simili pertugi: intraprendere certe iniziative a quell’età o era pazzia o disperazione. Se avesse dovuto difenderlo in tribunale avrebbe fatto leva su uno di questi elementi.
Ma era irrevocabilmente e incresciosamente morto e in tribunale ci sarebbe finita lei, contrattempo che rischiava di rovinarle il 25 dicembre, più di quanto non minacciasse di farlo quello scempio nel suo salotto, dove il giorno dopo si sarebbe tenuto un pranzo per una ventina di familiari ipercritici.
Tutto sommato quell’inconveniente poteva rivelarsi una valida scusa per saltare uno dei giorni più faticosi dell’anno, pari solo alla scadenza della presentazione della dichiarazione dei redditi.
Mentre stabiliva rapidamente una scala di priorità – passare l’aspirapolvere, liberare l’altro salotto per il pranzo di famiglia, togliersi le scarpe, chiamare la polizia, comunicare alla cameriera di arrivare molto prima del previsto – una nuova presenza la obbligò ad aprire la mente a nuove e più ampie prospettive.

Una specie di folletto saltellava e urlava intorno al cadavere. Doveva essere sceso anche lui dal camino ma non era quello il punto su cui focalizzarsi. Quel coso vivente alto mezzo metro alternava costernazione, dolore, rabbia e una rimarchevole tendenza all’insulto, accusandola con particolare insistenza di avere appena ucciso Babbo Natale, una notizia che ci mise qualche minuto prima di essere recepita anche da lei come sconvolgente.

A dimostrazione del fatto che qualunque situazione può peggiorare e raramente perde l’occasione di farlo, sulla scena del delitto comparve una quattrenne, con gli occhi stropicciati dal sonno, un pigiamino bianco pullulante di renne colorate, un paio di pantofole a forma di coniglio e un orsacchiotto di peluche stretto al petto.
“Mamma, cos’è successo?” chiese, ma le bastò guardare a terra per saperlo “E’ Babbo Natale! E’ morto!”
L’elfo fulminò la donna con lo sguardo: ci voleva tanto a capirlo? Bastavano quattro anni e una mentalità aperta.
Lei tentò pateticamente la strada della negazione “Amore, Babbo Natale non esiste, non può morire” ma due paia d’occhi la guardarono in silenzio con profonda disapprovazione.
“E poi tu mi avevi detto che esisteva” puntualizzò la bimba.
A quanto pare sì, almeno fino a qualche minuto prima, ma chi poteva immaginarlo?

Quindi quello strampalato ometto che le aveva inveito contro era il suo piccolo aiutante.
“Già. E tu sei quella che ha appena mandato in fumo una tradizione secolare, un uomo buono, il Natale presente e tutti i Natali futuri” sintetizzò lui.
D’accordo, non si meritava un dono, quell’anno, ma adesso la questione più importante non le pareva fosse stabilire l’imputazione, ma risolvere il problema.
“Quindi sei il suo Vice. L’estinzione del tuo superiore non vale come una promozione?” azzardò la donna.
“Mamma! Lui è il Piccolo Aiutante di Babbo Natale, non può essere Babbo Natale!”
“Appunto” confermò lui, sconfortato dalla fatica che comportava da sempre avere un dialogo con gli umani adulti.

Sfortunatamente, a portare i doni ai bambini doveva essere proprio un umano adulto e al momento c’era una sola candidata possibile: lei. D’altra parte aver ucciso Babbo Natale la investiva di una precisa responsabilità.
“No, un attimo, quale responsabilità? E’ stato un incidente, era dentro il mio camino! Non potete chiamare la Befana?”
Di nuovo, due paia d’occhi la fissarono sconsolati. Difficile fare affidamento su una donna che, nella sua posizione di prestigio, ancora credeva nella Befana, ma purtroppo non c’erano alternative.

Fortunatamente la prole dell’avvocato, dall’alto dei propri quattro anni, dimostrò di possedere il buon senso di cui la sua progenitrice pareva sfornita e intavolò una trattativa col Piccolo Aiutante di Babbo Natale offrendo una notte a consegnar doni ai bambini in cambio dell’assoluta scomparsa di qualsiasi traccia di quanto accaduto nell’ultima ora in quel salotto. Naturalmente impose nella missione la propria presenza e quella del suo orsacchiotto, un aiuto competente era sempre un vantaggio, ed eluse il colloquio di selezione a cui avrebbe dovuto sottostare sua madre, quasi certamente con avvilenti risultati.

Quella passò alla storia del mondo degli elfi come “La notte in cui una donna in tailleur e tacchi alti guidò la slitta con le renne di B.N.”, col rigore e l’efficienza di chi è abituata a far stare in bilico sulla punta delle dita almeno cinque ruoli sociali contemporaneamente. Sei, quella volta.
La donna si riservò il diritto di non indossare capi d’abbigliamento di panno rosso, di non bofonchiare OH OH OH, di non strimpellare campanelle e di criticare la maggior parte dei desiderata che, comunque, accettò di esaudire senza lasciar cadere nella raccolta indifferenziata i doni a suo parere discutibili. Nessuno riuscì però a impedirle di lasciare sotto l’albero alcune
letterine corrette con la penna rossa, perché le richieste a Babbo Natale vanno bene solo se grammaticalmente ineccepibili.
Fu più o meno sopra l’Austria che cominciò a divertirsi e quando risalì da un tetto di Mosca con un inconfondibile alito di vodka era ormai perfettamente in sintonia con quell’inusuale incarico, tanto che insistette per appendersi alle orecchie un paio di campanellini, perché, sostenne, sistemare pacchetti colorati sotto alberi decorati accompagnata da un elfo di mezzo metro e da una bimba in pigiama le veniva meglio con quelli addosso. Non c’era, in effetti, motivo di contraddirla.

Il Tempo, grazie ad accordi secolari, nella notte di Vigilia concedeva l’immunità alle attività natalizie, per le quali smetteva di scorrere e di elaborare iniziative metereologiche. Non c’erano minuti né freddo per chi viaggiava sulla slitta trainata da renne, per cui era possibile introdursi nelle case di tre continenti, restare in pantofole e rientrare a casa in tempo per la colazione. Vantaggi non trascurabili se si è costretti a fare il lavoro di un’icona del marketing.

Poco prima che il sole dichiarasse terminata quella notte magica, la slitta si posò per la seconda volta sul tetto della casa di un ricco quartiere residenziale. Era arrivato il momento di dirsi addio, perché, questo era certo, non si sarebbero mai più rivisti, era troppo alto il rischio di dare vita a nuove tradizioni schiavizzanti.
“Guarda cos’è successo dopo la prima volta che un vecchio ciccione ha voluto portare regali in giro: mi sono trovato incastrato in un lavoro di bassa manovalanza per decenni!” esclamò l’elfo, finalmente liberato da quel lavoro centenario. Durante il viaggio, quando il livello etilico lo aveva permesso, aveva confidato alle due compagne d’avventura quanto in realtà avesse sempre desiderato fare il pasticciere.
Si abbracciarono stretti augurandosi il miglior Natale di tutti i tempi e mentre la slitta svaniva alla luce del mattino, la mamma mise sua figlia a letto.
“Visto che Babbo Natale esiste, piccola?”
“Esisteva, mamma. Lo hai fatto fuori.”
“Dettagli. Mi piace pensare di aver liberato un sacco di elfi. Comunque esisteva, quindi tecnicamente non ti abbiamo mai raccontato bugie”.
“E ora chi me li porta i regali a Natale?”
“Io, come sempre” le rispose la mamma, dandole un bacio sulla fronte e guardandola addormentarsi.

ps
e siccome Leo aveva anche chiesto un suggerimento per l’accompagnamento musicale, in ordine di mia preferenza:
Elvis Presley – Santa Claus Is Back in Town
Brenda Lee – Rockin around the Christmas Tree
Bruce Springsteen & E-Street Band – Merry Christmas Baby
The Ramones – Merry Christmas (I Don’t Want To Fight Tonight)
The Vandals – Oi to the world

(questo e gli altri racconti potete leggerli qui)