Ho passato cinque giorni senza internet causa guasti tecnici a qualcosa di impreciso che non dipendeva da me e ho passato quei giorni a sclerare perché lontana dalla Rete, a schiumare dalla rabbia per quest’amputazione, a elencare mentalmente tutte le cose che mi veniva impedito di fare, poi a liberare un ragno dall’angolo dello studio, a ordinare le bollette accumulatesi in un anno e mezzo, a tagliare le unghie ai gatti, a passare la cera sul pavimento, ad andare fino alla banca per fare un bonifico, a portare a mano un documento al commercialista, a contattare per telefono le persone che dovevo assolutamente sentire e, a conti fatti, ad adattarmi a ritmi pre-internet, senza la home dei social network da controllare per essere aggiornatissima, senza gli allegati via mail, senza rassegne stampa online.
Senza i tempi di azione di un colibrì cocainomane, insomma.
Tutto questo con l’alibi di ferro di un’imposizione indipendente da me, per cui, eh, mi spiace, non ho internet, già, dimmi niente, senti, ne parliamo la prossima settimana ok?, no, non l’ho visto/letto/ricevuto, di che parlava?, vabbe’, poi ci sentiamo.
Ed ad accorgermi, esaurita la feroce bava alla bocca, che stavo respirando in modo diverso.
Ragazzi, non siamo mica messi tanto bene, ve lo dico.
Non farti tentare dal passatismo. Giusto ieri ho letto un’intervista ad un tizio che ha vissuto senza social network per un anno. All’inizio tutto bene, poi ha cominciato a perdere i contatti con gli amici e perfino con alcuni parenti. Perché tutti, o quasi, si sono adeguati alla novità tecnologica. Il fatto è che il SN amplia il nostro panorama, mantenendoci in contatto con persone che altrimenti perderemmo di vista, magari solo per colpa della distanza fisica. E se da una parte è vero che se li perdi vorrà dire che non c’era quel legame eccetera, dall’altra si tratta comunque di un arricchimento; una battuta di qualcuno che leggi anche raramente o non vedi proprio mai fa comunque piacere. Non sostituisce i contatti vis a vis, aggiunge. Poi, la dipendenza è altra cosa, certo, come quella per il salame o per Glee, ma non è la normalità.
Certo, in medio stat virtus, lo dicevano giusto l’altro ieri i nostri antenati, ma io non stavo parlando dei social network nello specifico.
Parlavo più che altro di questo nevrotico senso del tempo azzerato che ci bombarda e impedisce di avere ritmi umani e anche, secondo me, di fare magari meno cose ma con meno voracità e con meno superficialità.
E comunque, signoramia, si stava meglio quando si stava peggio che almeno c’erano le mezze stagioni.
il tempo e la fretta compulsiva, già… ogni tanto mi trovo a desiderare qualcosa tipo una tirata di freno a mano.
Comunque sia, bentornata e benritrovata, Barbara! 🙂
Ieri ho finalmente perso svariate ore su internet senza concludere nulla, ci voleva, senza connessione si finisce irrimediabilmente per fare qualcosa, è snervante.
Mi è capitato tempo fa ed è stato tremendo e bellissimo insieme. Però questa schiavitù in fondo non mi piace per niente, ma non riesco proprio a liberarmi dalle catene.
Un bacio
come va il libro? Penso bene, no?
Sai che non mi ha dato più notizie di sé?
Niente, li crei, li cresci, li aiuti a fare i primi passi e quando cominciano a camminare da soli non ti considerano più 🙂
si si proprio come un figlio, dopo una lunga gestazione, magari pure complicata, esce (anologia esagerata) e poco dopo cammina da sè, va per il mondo e chi si è visto si è visto.
Io però ti assicuro che l’ho visto un po’ in giro, e non frequentava cattive compagnie, solo librerie super selezionate. Smack
grazie, cuor di mamma è sollevato.
Schiock