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Stavolta ce l'abbiamo fatta, ce la siamo davvero presa comoda.
Alle 9 un green tea dallo Starbucks sotto casa giusto per postare il racconto di ieri e poi passeggiata fino a Columbus Circle per l'imperdibile tappa da Whole Foods.
Se vi capiterà di venire a New York, non sottovalutate questo "chiamiamolo supermercato per semplicità".
Da Whole Foods trovate TUTTO nella sua qualità migliore ed esposto probabilmente dai vetrinisti di Tiffany. Vi sarà impossibile rinunciare a fare una foto ai peperoni, per dire, o alla frutta già tagliata.
Qui potete farvi anche

 il vostro burro d'arachidi, scegliendo quale tipo di arachide preferite, o riempirvi un barattolo di Clam Chowder, la zuppa tipica del New England che si mangia un po' ovunque sulla East Coast, a base di patate, vongole, panna acida, pepe.
Ma se si supera indenni la parte dedicata alla spesa, si arriva nella zona della "chiamiamola rosticceria per semplicità", ossia quella dedicata al cibo pronto (preparato da loro) dove ci si può riempire una vaschetta con tutto quello che si desidera, pagarla a peso e volendo anche consumarla nei tavolini dopo le casse oppure portarsela a casa, in ufficio, in Central Park che è lì di fronte o rovesciarla sulla testa del fidanzato o della fidanzata fedifrago/a (in quel caso si suggeriscono le zuppe calde, la verdura alla griglia e le uova in camicia).
Immaginate decine di banchi a self service, ognuno con decine di scelte a tema, dalle verdure crude a quelle cotte, dalla cucina indiana a quella cinese, dai piatti vegetariani alle zuppe, dalla carne ai dolci, insomma, a spanne tutto.
Io mi sono limitata a prendere la mia adorata acqua di cocco - che contiene il potassio di due banane "but don't tell the monkeys" - e via, nei 18 gradi di questo novembre newyorkese, con gente che gira in maniche corte e noi che sudiamo nei nostri piumini.

Metropolitana fino alla 14th street-eighth avenue, dove lo scultore Tom Otterness ha riempito la fermata di omini buffi che vi consiglio vivamente di andare a scovare, ne vedrete alcuni anche appesi alle travi d'acciaio sopra i binari, e giro al Chelsea Market, un piccolo centro commerciale di nicchia, creato in un vecchio macello (non riesco a usare la parola "antico" parlando dell'America), dove artigiani d'ogni genere hanno un loro negozio con annesso il laboratorio. Vedrete quindi fare torte a forma di qualunque cosa (tipo di scarpa con tacco 12), pane, cioccolatini, gioielli, abiti o cappelli.
Anche questo è un posto dove la vostra macchina fotografica fibrillerà.

A quel punto un brunch da Pastis ci stava proprio e quelle poched eggs with norvegian salmon ce le siamo godute (info per chi se ne preoccupava: Roberta sta mangiando come un lupo).

Dopo, un po' di shopping per finire gli ultimi regali di Natale e poi Times Square per interminabile coda al TKTS da dove uscire conquistatrici dei biglietti per Chicago. Perchè stavolta non volevo proprio lasciare New York senza averlo visto.

Ed eccoci all'Ambassador sulla 49°, dopo un double shakeburger al volo mangiato in Times Square (sì, ogni volta che ne abbiamo occasione mangiamo lo shakeburger dello Shake Shak, vi assicuro che è il più buono). La limonata ce la fanno buttare via prima di entrare in teatro non perchè sia vietato bere e mangiare in sala, ma perchè è obbligatorio bere e mangiare solo le cose vendute da loro, lì dentro.

Chicago, di Bob Fosse. Desideravo vederlo da anni, conoscevo le musiche prima ancora che uscisse il film, me l'ero perso a Londra e finalmente eccomi seduta in un teatro di Broadway.
Loro, bravissimi e qualcosa di più. La qualità dei musicisti, dei ballerini e dei cantanti è eccelsa, Velma eccezionale e Roxie straordinaria.
Però, mi addolora dirlo, la totale assenza di scenografie e alcuni passaggi meno dinamici degli altri ne fanno un musical a tratti noioso e forse un po' datato.
The Addams Family non aveva balletti e sicuramente era meno "musical", ma la scenografia grandiosa in costante cambio incollava gli occhi al palcoscenico.
Detto questo, Chicago vale comunque la pena vederlo perchè accidenti se sono bravi, ma accidenti sul serio.

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