• Non ero affatto preparata a trovarmi faccia a faccia con le persone che occupano quest’altro lato del mondo, quello che si sporca, che perde, che puzza. Quello che riempie i sogni con numeri da giocare, che conta le monete, che mangia pane e latte, che sbaglia i verbi o non sa cosa chiedere.

    Buona Fortuna

San Francesco 2014 volantinoSabato mi daranno un premio.
E’ un premio letterario, dedicato a Luisa Maria Buglione, che viene assegnato all’interno del Premio San Francesco – Città di Genova.
Viene assegnato a chi si è distinto per meriti nei confronti degli animali, e la Commissione, mi hanno detto, ha deciso che in Buona Fortuna c’è qualcosa di importante e significativo che riguarda non solo l’amore che si può avere per un animale che vive con noi, ma anche il rispetto per il suo dolore e per la sua dignità.

Quando mi hanno comunicato che mi avrebbero assegnato il loro riconoscimento letterario e per quali motivi, mi hanno fatto un grande regalo. Buona fortuna resta impresso per Genova, per Margot e il suo animo da Zorro sarcastico, per Caterina e la sua solitudine da ultraottantenne, anche per Tormento, il fidanzato che nessuna vorrebbe avere,  ma vincere un premio per ciò che ho scritto riguardo Diesel, il gatto di Margot, credetemi, mi dà un’emozione profonda.
E so che per questo devo ringraziare prima di tutto l’intero staff dell’Ufficio Diritti Animali del Comune di Genova: un gruppo di persone che crede in quello che fa, che ogni giorno si occupa e preoccupa degli animali di tutto il territorio, li controlla, li protegge, li salva (a volte anche dall’eccesso di amore, non solo dalle violenze). Sono in pochi ma non si arrendono, e ogni giorno cercano di inventare nuovi modi per dare una corretta informazione e per sensibilizzare i cittadini su ciò che fanno e su ciò che andrebbe fatto.
Grazie. Lo dirò il giorno di San Francesco ma voglio dirlo anche qui: grazie. Non solo per l’affetto che mi avete trasmesso e per questo premio: grazie per il vostro lavoro.

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prima-il-puntino-laserPrima di raccontare la Cerca del Laser devo fare una confessione.

Quest’estate ho acceso la televisione. Non lo facevo da mesi, forse anni, a casa non l’ho nemmeno collegata alla parabola, non so nemmeno se ci sia, la parabola, sul tetto. E infatti, a casa, le reti televisive saltano come grilli. Ho controllato.
Ma quest’estate ero in montagna e l’ho accesa, imbattendomi in Real Time e rimanendoci invischiata come un gabbiano nel petrolio.
Gordon Ramsey che impazza tra ristoranti e alberghi,  casalinghe possedute dal demonio dei coupon, gipsy americani che organizzano matrimoni al di là dell’imbarazzante, obesi da quintali al quadrato che si prosciugano in un anno e poi lui, Jackson Galaxy, presentato come il maggior esperto di comportamento felino, con Il mio gatto è indemoniato.
Jackson Galaxy è adorabile, coi gatti e con gli umani, ci crede davvero, inventa soluzioni gattesche miracolose, prende sul serio qualsiasi problema emettendo diagnosi e prescrivendo terapie creative.
E gira con la custodia di una chitarra colma di giochini per gatti.
Tra questi, un puntatore laser.

Chi di voi conosce Brodo, ha già unito i puntini.
Il puntatore laser riesce a stancare anche un cucciolo di diavolo della Tasmania cocainomane, con Brodo, il gatto più bullo, più scalmanato e più pixar che io abbia mai avuto, potrebbe farci guadagnare un paio d’ore di pace. E Giuggiola potrebbe riposare.

E così è iniziata la Cerca del Laser.

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Venezia-20140621-00532Sabato ero a Palazzo Franchetti, sede dell’Istituto Europeo di Design, dove gli studenti mi hanno invitata come loro testimonial.
Avevo alle spalle una vetrata che già, solo lei, mozzava il fiato, ma che, non contenta, si affacciava sul Canal Grande.
C’era Art Night, la notte bianca di Venezia, e fiumane di persone si aggiravano per la città, nei musei, dentro i palazzi aperti, per curiosare, ascoltare, scroccare da bere e riempirsi le mani di noccioline.
Venezia-20140621-00538Io, essendo nel Giardino dello Ieden, ho letto la fiaba di Biancaneve, nella sua irresistibile versione dei Fratelli Grimm.

Ero lì perché ho fatto lo IED e oggi scrivo libri.
Nel mezzo ci sono state talmente tante cose che è lecito domandarmi Ma quando unisci i puntini del tuo percorso, che tipo di creatura surreale viene fuori?

Eh. Già. Eppure.
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lamarotanteLa guardo con cattiveria, la vitupero ad alta voce e coltivo giorno dopo giorno un odio sempre più insano nei suoi confronti. E’ la lama rotante del Bimby. La fottutissima lama rotante del Bimby. Mentre io, il Bimby, lo devo amare. Lo voglio amare.
Un passo indietro.

Ricordate cos’avevo scritto della Setta del Bimby quattro anni fa?
Ecco.
Ci hanno regalato il Bimby. Avevo giurato che non lo avrei mai comprato, ma ce lo hanno regalato, quindi, piena di ottimistico entusiasmo, ho affettuosamente messo in pensione il mio meraviglioso robot da cucina -con me da circa 18 anni e che non mi ha mai deluso una volta- e ho fatto spazio al nuovo arrivato.

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chiaveTutti quelli che ancora si ostinano ad avere un blog nel 2014, tenaci paladini degli scorsi due decenni, hanno il periodico divertimento di andare a vedere con quali chiavi di ricerca la gente è arrivata a loro.
Ci sono altri periodici divertimenti che probabilmente procurano maggiori soddisfazioni, non lo nego, ma i blogger son genti strane, un po’ vintage e un po’ freak, e le chiavi di ricerca sono l’equivalente di una bella commedia, con un ottimo cast e una grandiosa regia.
Credetemi.

Mi piacerebbe postare così com’è l’elenco delle parole chiave con cui siete arrivati qui negli ultimi tre mesi, perché così com’è ha un’involontaria ironia da lacrime agli occhi, ma sono oltre duecento righe e abbiamo tutti una vita.
Per cui procedo con una personale premiazione dei migliori.

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VLUU L110  / Samsung L110

Anni fa, molti anni fa, volevo scrivere la rubrica della Vedova Playstation su una rivista specializzata in videogiochi che offrisse una prospettiva diversa al branco di nerd che la sfogliava avidamente tutti i mesi.
Ma ho divorziato prima di capire come raggiungere l’ultimo livello di Doom, e così il mio desiderio ludico si è orientato verso la posta del cuore, un angolo dei sentimenti che avevo spesso sbirciato obliquamente, con la curiosità del voyeur, il ghigno del cinico e un’ingestibile quanto inconfessabile solidarietà.
Consapevole delle mie doti diplomatiche, l’ho sempre immaginata come un momento di spietato realismo, empatico il giusto, schietto un po’ di più.

Quando Marina Minetti mi ha detto Inventiamoci qualcosa insieme ho capito che quello era il momento di aprire il cassetto delle idee bislacche, e le ho risposto Tipo qualcosa che ci diverta e che chiamiamo A cuore crudo?
Lei, scendendo al volo dalla macchina, sotto la pioggia, alle due di notte, dopo aver ballato swing in un club di musica caraibica, ha detto Mi piace! ed è corsa via, fiera del liquido impermeabilizzante che si era spruzzata sui capelli.
Dopo qualche giorno mi ha mandato una mail con una lunga sequenza di spunti per la prima puntata radiofonica di A cuore crudo, e lì ho capito che la donna aveva tutte le intenzioni di fare sul serio, e sapeva come.

Così, stamattina martedì 28 gennaio, dalle 10 alle 11, in diretta, Marina Minetti e io parleremo di ammmore (quello con tre m), di sesso, di lingerie e di tutto quel che si può dire a quell’ora del mattino.
Su Radio 19, che si ascolta anche online.
Ovviamente a cuore crudo.

 

casa da giocoL’abitudine di arrivare sempre in anticipo agli appuntamenti, a volte può lasciare spazio a impreviste passeggiate in mondi paralleli. Per esempio un bar del centro storico di Genova.
Sono entrata per bere un tè caldo, nonostante un deterrente schermo del televisore acceso si imponesse sulla sala.
Ma a scorrere non erano i soliti calciatori in calzoncini, bensì le immagini anni Cinquanta di un vecchio film americano con Rock Hudson e Anne Baxter.
Pochi minuti dopo, le due titolari e io, stavamo tifando come una curva nord per la Tracey di Anne Baxter, disprezzando senza mezze misure il personaggio di Julie Adams (“che basta guardarla per capire che è una refiosa intrigante”) e aspettando con ansia che Rock Hudson capisse finalmente -almeno nella finzione- quale fosse la donna giusta per lui.
Me ne sono andata con rammarico, per non arrivare in ritardo, ma le due signore del bar di piazza della Meridiana mi hanno promesso che, se torno oggi, mi dicono com’è finita.
Una delle due nicchiava, “Non può finire bene, mi sa che devono fare la morale”, diceva. Ma io ho dato un’occhiata su internet e so che alla fine l’amore trionfa.

 

La mia prima rivelazione del 2014 è stato lo swing.
Del resto non ho mai millantato uno spirito pionieristico, e sulle tempistiche potrei essere battuta a occhi chiusi dalla bella addormentata. Io sono una che ci arriva con calma, alle cose. E anche quando ci sono arrivata, sto ancora un po’ ferma lì, a guardare, annusare, riflettere. Che ci devo pensare bene, prima di fare qualcosa che non ho mai fatto prima, io.
Dicevo, lo swing.
Sì, quel ballo anni Trenta che ballano a volte nei film in bianco e nero ambientati in America. Poi anni Quaranta, poi Cinquanta, poi un po’ Sessanta e poi più basta. Quello. Che è un po’ come il boogie boogie e un po’ come il rock’n’roll e ricorda un po’ il blues. Ma è swing. Quello.
Voi lo sapevate che c’è gente che non ha mai smesso di ballarlo? Tanta gente, mica poca.

ZenaSwingerBene, li ho trovati. So dove si nascondono. Almeno a Genova.
Son cose che succedono quando a Natale ti regalano una lezione privata di swing, e tu non avevi mai espresso un desiderio neanche lontanamente simile. Perché tu, i balli di coppia, li detesti. Poi, dall’espressione di labrador felice di chi te l’ha regalata, capisci di non essere tu ad avere delle voragini di memoria, ma di essere stata incastrata. Allegramente incastrata.
Così vai, con tutto il tuo trolley di reticenze pronto all’uso.
E ti ritrovi catapultata in un mondo divertente, saltellante, sorridente, appassionato, spontaneo, buffo, vitale, sano, travolgente. Irresistibile. E dove non puoi smettere di battere il piede e muovere le spalle a ritmo, anche se hai deciso di fare da tappezzeria per agevolare l’effetto trasparenza.

Al momento sono quella che si appollaia su un tavolino a distanza di sicurezza e si gode tutti i ballerini che si gettano in pista. Nessuno si prende sul serio, ma tutti fanno sul serio. Non so se un giorno scenderò in pista anch’io, il trolley è ancora lì, ma ne varrebbe la pena.

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Una città, Savona.
Un corso di comunicazione, Perseo, finanziato dal Fondo Sociale Europeo.
Nove persone tra i quaranta e i cinquantacinque anni, ognuna con la propria storia e i propri desideri. Con un passato difficile, un presente precario, un futuro incerto. Ognuna con la forza e la determinazione di imparare, di mettersi in gioco, di ottenere qualcosa di nuovo, qualcosa per sé, qualcosa di più.

Durante i due mesi di lezioni, Anna, Fatos, Franca, Francesco, Luca, Marina, Mirko, Santino e Silvio hanno ideato un progetto di aggregazione e intrattenimento per la loro città.
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vanveraNel mio party permanente di personalità multiple ho dovuto cercare di fare ordine, distribuendo badge e scrivendo con un pennarello indelebile il nome di ciascuna sul bicchiere di carta. Che là fuori c’è un ambiente da rispettare.
Tra queste, che non sto a nominarvi ma sono parecchie e non tutte antropomorfe, c’è Vanvera.

Vanvera pensa a caso, ha fatto del Fuori Tema una spontanea filosofia di vita e segue una logica che a volte coglie di sorpresa pure lei, anche se solo per pochi secondi, quelli necessari ad aprirsi in un sorriso disarmante, alzare le spalle e proseguire.

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