• La morte, si sa, è cibo d’alto consumo, ha la precedenza in prima pagina ed eccita il lettore medio più d’una sbirciata al sesso dei vicini per cui, di fronte al cadavere, si scatta tutti sull’attenti, le priorità fanno il ballo delle sedie e l’ordine viene puntualmente mandato a ramengo, spesso insieme al tuo lavoro di una giornata.

    Buona Fortuna

Diverso sarò io - AntologiaRicordate il concorso letterario di Pescepirata “Diverso sarò io”? Ne avevo parlato qui.
Bene, è diventato un libro.

Massimiliano Tosarelli, Capitan Pescepirata, ha selezionato i migliori racconti in concorso e fuori concorso e ne ha fatto un’antologia.
Non si tratta solo di una bella raccolta di inediti, si tratta anche di un’impronta che resta nella lotta contro le discriminazioni di qualunque genere.
Perché è anche, e soprattutto, con la parola, con il pensiero, con la scrittura e con l’intelligenza – in sintesi con la cultura – che possiamo combattere un certo modo di pensare, la paura del “diverso” e l’incapacità di accettare la libertà di essere e di fare come un diritto di tutti e non solo di alcuni.

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PescePirataDiverso sarò ioQualche tempo fa vi ho invitati tutti a partecipare al concorso etico-letterario Diverso sarò io! di Pescepirata, quest’anno alla sua seconda ed entusiasta edizione e aperto a tutti coloro che hanno voglia di mandare, senza pagare alcuna quota di iscrizione, un racconto inedito e liberissimo, dedicato alla diversità in tutte le sue svariate sfaccettature.
Avete ancora tempo per essere pirati, fino al 30 maggio aspettano i vostri testi. Trovate il bando qui.

E siccome avevo promesso di essere pirata insieme a loro e di partecipare con un mio racconto fuori concorso, eccolo qui.

Il giorno dei ragazzi di strada

Quel pomeriggio Bea era a casa di Dodo e di suo fratello Cicci insieme a tutti i bambini del palazzo.
Dodo e Cicci si erano trasferiti lì da poco, al posto di Filippo. Venivano da Milano, non facevano altro che ricordarlo. A sentir loro, tutto, a Milano, era meglio. Era meglio il posto dove vivevano, le cose che mangiavano, quelle che indossavano, i negozi di giocattoli, i pulmini della scuola, le strade e persino la focaccia. Secondo loro, persino la focaccia di Milano era meglio di quella di Genova. Loro erano più fighi dei genovesi – avevano detto proprio fighi, anche se era una parola che non si poteva dire –, e un giorno sarebbero tornati a Milano. Non prima di una decina d’anni, però, perché il loro papà era stato mandato lì a occuparsi di qualcosa di serio in una televisione.
A metà pomeriggio la signora Costanza, la mamma di Dodo, chiese a Bea un aiuto per preparare la merenda. Era una donna bellissima, bella come la Barbie Hawaii. Ogni tanto Bea la guardava di nascosto, chiedendosi se da grande sarebbe diventata così bella.
Mentre impilavano bicchieri e tovaglioli, le parlava come tra adulti, cosa che piaceva molto a Bea, anche se rischiava di perdere quasi tutta la puntata di Capitan Harlock che gli altri stavano guardando di là.
– Mi ha detto Dodo che vuoi fare il capo, – le disse prendendo la Fanta dal frigo.
Non voleva fare il capo, le spiegò Bea, lei era il capo. Da quando Filippo se n’era andato, lei, con i suoi dieci anni e sette mesi, era la più grande. Quindi, di diritto, il nuovo capo dei bambini del palazzo. 
– Ma tu sei una femmina, – le rispose la signora Costanza, guardandola nello stesso modo in cui la guardava la nonna quando rimandava di un sacco di tempo certe risposte.
Bea non riusciva a capire cosa c’entrasse il fatto di essere una femmina. A scuola studiavano tutti le stesse cose, venivano interrogati tutti le stesse volte. Giocavano a calcio, a nascondino, a rincorrersi, a mangiare girelle di liquirizia nel minor tempo possibile, a far rimbalzare le pietre piatte sull’acqua. Facevano gare in bici, prendevano le lucertole con le mani, a Carnevale bastonavano la pentolaccia a turno e la domenica pomeriggio andavano a vedere gli stessi film al cinema. L’unica differenza che le risultava esserci tra maschi e femmine, era che i maschi facevano la pipì in piedi, le femmine sedute o accucciate. Ma che il modo di fare pipì fosse determinante per essere il capo dei bambini del palazzo, le sembrava assurdo.
– Cosa c’entra che sono una femmina? – domandò impilando un panino al prosciutto su uno con la sottiletta.

Il resto potete leggerlo qui, arrembando il blog di Pescepirata e saccheggiandolo!

 

 

scarpe rosseOggi è la giornata mondiale contro la violenza sulle donne.

E’ triste, preoccupante, inquietante e insano che si debba dedicare una giornata a questo. Triste, preoccupante, inquietante e insano che si debba costruire a piccoli pezzi una cultura condivisa che insinui in tutti la convinzione che la violenza sulle donne sia qualcosa di sbagliato, ingiusto, esecrabile.

La violenza sulle donne, così come quella su qualunque essere, è già qualcosa di sbagliato, ingiusto, esecrabile.
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Barbara primo pianoEra il giorno della Prima Comunione, avevo passato la mattinata con una tonaca bianca e una spremuta di spiritualità negli occhi. Decine di foto a mani giunte col sorriso da brava bambina. Finalmente era arrivato il pomeriggio, la festa con gli amici, il cambio di vestito. Più libera, più me stessa.
Avevo ricevuto moltissimi regali: ciondoli, orologi, diari col lucchetto, perfino un set per la manicure. Ma soprattutto un pallone giallo e rosso con cui stavo giocando insieme agli altri bambini.
Barbara”, mi diceva papà, “guarda qui”. Io mi giravo e lui scattava. Ero di fretta, avevo da fare, era la mia festa, c’erano nove anni di adrenalina da bruciare. “Papà, dai, sto giocando!”, sbuffavo. Lui rideva, mi prendeva in giro e continuava a scattare. Aveva sempre una macchina fotografica in mano, raccoglieva ricordi e fermava il tempo, diceva. Non capivo questa necessità dei grandi di fermare il tempo, a me sembrava non passare mai.
Papà, alla fine, mi propose un patto. “Se mi fai un bel sorriso poi ti lascio in pace”. E io sorrisi.


Grazie a Guglielmina Aureo ed Eliana Quattrini del Corriere Mercantile per aver pubblicato in anteprima questo piccolo racconto.

E’ online l’e-book What Women (don’t) Want, un’iniziativa che ha riunito decine di autori per combattere la battaglia contro la violenza sulle donne. Un tema purtroppo sempre più prioritario che impone di essere affrontato su diversi livelli, compreso e forse soprattutto quello culturale.

What Women (don’t) Want è promosso da Diario di Pensieri Persi in collaborazione con Speechless Magazine, Zeroviolenza e Casa delle Donne di Bologna.

Abbiamo partecipato in molti per riempire pagine dense di storie, dolori, verità.

Scaricatelo, leggetelo, è gratis ma arricchisce le coscienze.

Chi troverete
Prefazione
Sol y Ombra di Ornella Albanese
Notte nella savana di Francesca Battistella
La bambina di Francesca Bertuzzi
Nessun amore più grande di Elisabetta Bricca
Lui, lei di Catherine Cipolat
Tenetemi stretta di Sabina Colloredo
Tagli, tinta e messa in piega di Laura Costantini e Loredana Falcone
La storia di Fulvia di Daniela Danna
Giorno segreto di Alan D. Altieri
Chi difende Margherita di Maurizio De Giovanni
Segni di Barbara Fiorio
La colpa di Gabriella Genisi
Bye bye baby di Amabile Giusti
Un biglietto sul marciapiedi di Mauro Marcialis
Tutti i particolari in cronaca di Selene Pascarella
Regola 23 di Francesca Petrizzo
Le donne nelle serie tv: eroine, vittime, ribelli di Chiara Poli
Solidarietà femminile di Susanna Raule
Se questa è l’umanità di Leni Remedios
Persecuzione di Davide Roma
Il bicchiere mezzo pieno di Anna Talò
Le fate di Norham Manor di Emanuela Valentini
Il dio aquila di Simona Vinci
Appendice: Per una relazione possibile tra uomini e donne di Monica Pepe

oltrelapennabiancoDal momento in cui Gli Amanti dei Libri mi hanno chiesto di andare oltre la penna e scrivere di un fatto d’attualità, in questi giorni, con discutibile senso di ironia, l’attualità ha indetto una gara apocalittica per offrirmi spunti.

La campagna elettorale, la nevicata del secolo sulla mia regione, il Papa che abdica, il sì francese ai matrimoni gay, San Valentino, la giornata contro la violenza sulle donne, una pioggia di meteoriti, un terremoto, il Festival di Sanremo.

A quel punto ho pensato di svicolare con astuzia ma poi… Leggete qui.

Anche quest’anno ho accettato con piacere l’invito a partecipare allo speciale dedicato al Natale su un blog altrui e stavolta ho scritto un racconto per la deliziosa Malitia e il suo Dusty pages in wonderland.
Quest’anno, per la terza edizione, Malitia ha fatto le cose in grande coinvolgendo davvero molti scrittori italiani e stranieri anche di un certo calibro, come Ornella Albanese, Rita Charbonnier, Paola Calvetti, Francesco Falconi o Leonardo Patrignani, per dirne alcuni, e ha creato un bellissimo presepe interattivo dove potrete passeggiare ed entrare in tutto ciò che si illuminerà, capitando così in un racconto o nell’altro.

Come forse alcuni di voi ricorderanno, l’anno scorso mi ero divertita a dissacrare lo spirito natalizio, mentre stavolta, non so, sarà che il giorno in cui l’ho scritto pioveva o in sottofondo c’era una musica un po’ malinconica, ho declinato il mio irrecuperabile realismo su una prospettiva diversa.
Lo potete trovare dietro una porticina che, visto che siamo qui, aprirò per voi su questo blog, ma vi consiglio di andare qui a curiosare e a leggere tutti i racconti degli altri scrittori che hanno partecipato a questo speciale.

LA CAPANNA DI NATALE
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Diversi anni fa, era il 2004, un amico lanciò una sfida: dovevamo scrivere una storia d’amore con personaggi estratti a caso dal livello etilico nel suo sangue e a me toccarono due scoiattoli e una blatta. Tempo per scriverla: un’ora.
E’ rimasta per anni sepolta sotto cumuli di altri ricordi, poi stamattina, mentre spolveravo, è spuntata.
L’ho riletta, ho sorriso con tenera indulgenza di mamma e ho pensato che magari una risata è ancora in grado di strapparla. E sappiamo quanto in questo periodo ci sia bisogno di ridere.

Attenzione: la lettura di questa fiaba è sconsigliata ai teneri di cuore.

STORIA D’AMORE TRA DUE SCOIATTOLI

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Ciao Barbara, ti va di scrivere un breve racconto su Genova da inserire in una mostra che sto organizzando in collaborazione con la Galleria Rubin?

E’ così che Laura Ballestrazzi mi ha coinvolta in questo progetto collettivo nel quale, ai dipinti di Tommaso Ottieri, ha voluto aggiungere un contorno di scritti, coinvolgendo non soltanto scrittori, ma persone con un’affermata creatività.

Non oltre una cartella e che parlasse della nostra città, queste erano le regole, e siccome a lei era rimasto nel cuore il ristorante della Vecchia di Chanel non fa scarpette di cristallo, è da lì che sono partita, disegnandogli intorno un piccolo racconto di vita e  caruggi.

Ed eccolo qui, per voi che non siete siete potuti passare dal grattacielo di piazza Dante.

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Poco dopo l’una il mercato sbaracca, deve lasciare la strada libera.
Al banco della frutta offrono sconti last minute per meloni, angurie e pesche, mentre accatastano sul marciapiede le cassette vuote, ma la ragazza passa oltre e va al supermercato: lì trova tutto, senza calca, lo preferisce.
Quando esce coi suoi sacchetti della spesa rigonfi, le bancarelle sono scomparse e le macchine hanno ripreso a muoversi liberamente.
Dove campeggiava il banco della frutta sono rimasti cumuli di cassette di legno tra cui spuntano meloni tagliati da esposizione e pesche leggermente ammaccate, molte gettate a terra.
Una signora anziana le osserva, in piedi, ferma.
Ha un abito leggero di cotone azzurro, con fantasia floreale, semplice e pulito, i capelli, corti e bianchi, accuratamente pettinati, una borsa di tela appesa all’avambraccio.
Non si era mai soffermata sulla frutta scartata, Leggi il resto →