• L’inganno ti piove addosso come una grandine improvvisa e ti scalfisce i pensieri e gli occhi, ti mitraglia con violenza fino a buttarti a terra e lì ti lascia, quando non ha più nulla da prendere e più nulla da temere.

    Buona Fortuna

Alle 5.30 eravamo in piedi, alle 6.00 eravamo da Starbucks a fare colazione, alle 6.30 partivamo agguerrite e determinate a non fare prigionieri.
Missione Black Friday.
Il Black Friday, giornata che vanta una mitologia a parte, è il venerdì dopo il Ringraziamento in cui i maggiori grandi magazzini di New York (e negli ultimi anni degli USA), tra cui il più grande grande magazzino del mondo, ossia Macy’s, fanno sconti tali da far sì che la gente (non paga della notte all’addiaccio passata per vedere la parata) si metta in coda da mezzanotte, in attesa che, alle 5 del mattino, si aprano le porte del Paese di Bengodi.

Il buon livello di tirella è mantenuto dai saldi che scalano via via che passa il tempo, per cui Leggi il resto →

La Fra è una grande narratrice e finalmente ho avuto i succosi dettagli della storia del Ringraziamento.
In un anno intorno al 1600 un gruppo di pellegrini incapaci di fare alcunchè ma molto fiduciosi in Dio si è imbarcato per l’America ed è stato dimezzato da tempeste, epidemie, fame e altre volontà divine. Quelli sopravvissuti non sapevano procurarsi il cibo e conservarlo, coltivare la terra, curarsi, niente di niente. Ma avevano TANTA fede in Dio.
I nativi locali, detti indiani, che li vedevano totalmente inetti alla sopravvivenza, ebbero pietà di loro e gli insegnarono come cavarsela, in attesa che il loro Dio gli facesse piovere dal cielo cup cakes e tacchini ripieni. Per ringraziarli, i pellegrini (che a pancia piena divennero i Padri Fondatori) li invitarono a cena.
Da allora, ogni ultimo giovedì di novembre, l’America ringrazia (i nativi locali, detti indiani, meno).

Alle sette eravamo pronte per Leggi il resto →

L’idea era quella di fare colazione al Cafe Lalo e poi passare la mattinata al Moma, che le previsioni davano pioggia ma poi, guarda!, la Barnes&Noble e Victoria’s Secret e Banana Republic e Gap e non piove neanche tanto e fare l’una è un attimo.
Moma rimandato.

Double Shakeburger, tappa casa a lasciare quei sette chili di shopping, Metro e Times Square per coda al TKTS per secondo musical ma siccome non ci sono i biglietti per quelli che interessano a noi, tanto vale Disney’s Store, Toys’r us e altri chilometri a far sera per cenare al messicano, che una robina leggera ci stava giusto bene.

La gente che si allena per la maratona di New York non ce l’avrebbe fatta a starci dietro e siccome noi non siamo gente che si allena per la maratona di New York stiamo ancora affogando nel nostro acido lattico. Ma con grande dignità.

Menzione speciale per la signora che andava in giro con una cuffia da bagno in testa e per i peluche dei germi (bellissimi quelli della varicella e del raffreddore, buffi quelli del mal d’orecchie, della carie e utilissimo, in aggiunta, l’antibiotico della penicilina).

Grande disappunto per la disapprovazione di Roberta all’entusiasmo mio e di Francesca per l’Elope Harry Potter Dumbledore Wizard Hat, ossia un meraviglioso cappello a cono col quale io e la Fra volevamo uscire da Fao Shwarz, fierissime. Siamo state inibite e da due giorni glielo facciamo presente. Non sia mai che se lo dimentichi. Al momento sta dichiarando che vuole regalarceli purchè la smettiamo di lamentarci e infilare quel bellissimo cappello in qualunque discorso ma noi abbiamo alzato il prezzo del senso di colpa: vogliamo che se lo prenda anche lei.

Ps
Sono affascinata dal riscaldamento a vapore di questa città: tutte le case sono riscaldate da un sistema a vapore gratuito e decisamente ecocompatibile. E’ così da sempre. Si. Può. Fare!

Col fusorario ancora sbagliato, stamattina alle cinque ero sveglia, mio malgrado ma giusto in tempo per sfruttare gli unici 10 minuti di affabilità della Sim americana che ieri ho voluto comprarmi sentendomi troppo la più tecnologicamente avanti.
Volete il mio phone number americano? Ve lo dò subito, nessun problema: 917 283 0036.
Tanto ha deciso che: Whatsapp? Naaaa, piace più. Messaggeria del Blackberry? E cos’è? L’app di gmail per notificarmi le mail? Mh, provata con un paio di mail ma mi annoiavo e ho smesso. Facebook, almeno l’app di facebook, siamo nella città di facebook, è nato qui, sei una sim americana, dai, almeno le notifiche di facebook… Tch tch tch no, potrei ma non mi va, guarda, ti lascio giusto passare dal browser per postare ma niente notifiche.
Ok, capito, i Dii non volevano che prendessi una sim americana. O volevano che prendessi esattamente questa, la più lavativa e inutile sim degli USA.

Ho avuto il forte sospetto che non solo il risveglio ma l’intera giornata sarebbe stata difficile quando ho visto 5 cent sul marciapiede, ho esclamato “Uuuh, dicono che si debbano assolutamente raccogliere le monete che si trovano per terra altrimenti è come rifiutare la fortuna” e ho scoperto che erano incollati al terreno.

Temo che Roberta ricorderà questa giornata soprattutto per Leggi il resto →

Il nostro tassista era in evidente lite col proprio motore che deve aver fatto qualcosa di irrimediabile per meritarsi quel trattamento. Oppure stava semplicemente battendo il piede a ritmo di rock’n roll sull’accelleratore e la canzone era piuttosto lunga.
La pizza al cartone rifilataci a merenda dalla Delta Airlines ballava felice e se qui la mancia non fosse obbligatoria quei 5 dollari sarebbero diventati barchette per pozzanghera piuttosto che finire nelle sue mani.

Stanche e con le valigie avremmo poi dovuto sederci da Starbucks in attesa della Fra ma, EHI, i Dii le hanno aperto un Century21 sotto casa e i saldi all’80% cantavamo come le sirene a Ulisse. Posso solo dirvi che non è semplice entrare in un outlet con trenta chili di bagagli in due ma lo abbiamo fatto.

Dopodichè Francesca è arrivata, baci&abbracci, casa-valigie-bagno e subito via a fare un giro in zona per poi cenare giapponese da Haru e andare a dormire.

E’ vero, non ho voglia di raccontare di più, sono troppo stanca.
Invidiatemi sulla parola.

Svegliarsi alle 5 del mattino può essere traumatico, se non si sta partendo per New York.
Ma, guarda a volte il caso, avevo giusto un aereo da prendere.

Quando ho aperto la porta della mia stanza, cisposa e sbadigliante, Roberta, perfettamente vestita e pimpante, stava giusto finendo di rifare il suo letto. Al momento preferisco non registrare il dato, ma prevedo di dover cambiare il concetto di “vacanza rilassante”.
Alle 5.30 caricavamo la macchina di due valigie, due borse, due piumini e un sacco della spazzatura contenente i rifiuti casalinghi di alcuni giorni, compresa la sabbia sporca dei gatti.
Una volta entrate in autostrada ho realizzato di non averlo depositato, come da logiche e ottime intenzioni, nel cassonetto di Genova Quinto al mare.

All’autogrill di Ceriale Nord, due donne, contando sul buio, sono riuscite a far entrare, a pezzi, un sacco della spazzatura non propriamente destinato al bidoncino del posteggio, sotto lo sguardo perplesso di svariati camionisti, unica popolazione attiva a quell’ora negli autogrill.
Già che eravamo lì ed erano le 6.30, ci siamo concesse una colazione con spremuta e muffin, sempre sotto gli sguardi, stavolta incuriositi, di una quindicina di camionisti (la presenza dei quali ha inibito il recupero del pezzo di muffin al cioccolato che mi è incidentalmente caduto nella scollatura).
Non mi soffermo sulla gente apparentemente morta posizionata nelle macchine posteggiate di fianco alla nostra, non voglio entrare in loschi giri da mercato d’organi.

Alle 7.45 eravamo all’aeroporto di Nizza, alle 7.50 individuavamo il P7, ossia il posteggio più idoneo (come avevamo studiato attentamente sul sito). Alle 7.51 scoprivamo che quel phottuto posteggio è riservato a chi ha prenotato e ci mettevamo alla ricerca del P8, la nostra seconda valida alternativa. Del resto i posteggi erano segnalati con estrema chiarezza. Tutti. Tranne il P8.
Alle 8.20 posteggiavamo nel P8, salivamo sulla navetta, scendevamo al Terminal 2 e individuavamo l’omino che fascia le valigie col quale ho intavolato una simpatica chiacchierata mentre metteva il domopack rosso ai nostri bagagli: è marocchino, ha la fidanzata italiana ed è già stato a Roma, Venezia e Firenze. Viste anch’io tre città del Marocco e sul pareggio ci siamo salutati con allegria.

A parte la mia evidente faccia da delinquente che mi è valsa un doppio controllo nel tunnel per salire sull’aereo (Lombroso sapeva distinguere il sonno dalle cattive intenzioni, dilettanti!) abbiamo finalmente conquistato i nostri posti, ci siamo simultaneamente messe il girocollo gonfiabile, coperte con la copertina e posizionato il cuscino dietro la schiena. Imbarazzanti.
Se non fosse per il fatto che io mi sono divertita a raccontare a Ro, eufemisticamente agitata dal volo, dell’aereo che dovevo prendere nel ’96 e che è scoppiato in aria appena decollato da New York, l’immagine sarebbe stata davvero tristanzuola.
Cosa non si fa per tenere alta la tirella.

Su quattro film proiettati abbiamo visto il primo, Ritorno dal pianeta delle scimmie, odiando chi sceglie i film da proiettare in volo, poi il secondo, I pinguini di Mr. Popper, trovando conferma al fatto che avevamo fatto bene a non prenderlo neanche in considerazione quand’era uscito al cinema, il terzo non so quale fosse perché mi sono addormentata, il quarto l’ho guardato distrattamente senza auricolare continuando a pensare a quanto assomigliasse quell’attore a Johnny Depp, se fosse stato meno bolso lo avrei sicuramente scambiato per lui ma il film sembrava così noioso anche solo guardando le figure che ho preferito leggere. Era The Tourist ed era Johnny Depp.

Al momento sto scrivendo a diecimila miglia di altitudine, che vuol dire molto in alto, e siamo sopra l’Irlanda (ciao Fra!), ora prevista di arrivo a New York 14.30 (ora locale) ossia perfettamente in tempo per godersi un ameno pomeriggio di passeggio perlustrativo.

Bye!

PS
Nel frattempo sono arrivata a New York.

La prima notizia che Sara mi dà appena arrivo a Bassano del Grappa è che lei non beve più lo spritz da quando ha scoperto che nell’Aperol come in tutte le bevande rosse c’è un colorante a base di coccinelle (E120 ed E124: Cocciniglia e Rosso Ciniglia. C’è a chi non porta fortuna).

Stabilito ciò, diamo inizio alla tre giorni bassanese.

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Il B&B “Ric e Betty” è il best ever.
Cameretta, divano letto da una piazza e mezza, wifi, dotazione di optional dai tre asciugamani di diverse dimensioni alla cuffietta per la doccia allo struccante ecocompatibile, colazione abbondante con scelte varie tra tè, succhi, biscotti e dolcezze varie, relax ma soprattutto loro due in circolazione.

Prendendola placida, tra un aggiornamento sugli amici (saluti riferiti, saluti a tutti), uno sulle rispettive politiche locali, scambi d’opinioni e suggerimenti su teatro, cinema, libri e confidenze personali, arriviamo al tradizionale dilemma che contraddistingue le nostre vacanze, lunghe o brevi che siano: dove si va a cena stasera?
Fare le quattro del pomeriggio in questo modo, è un attimo.

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Ed eccoci alla fine della presentazione, dopo aver firmato un sacco di copie di Chanel e aver vanificato l’effetto del prosecco giusto giusto dopo l’ultima dedica.

Siamo nel pieno centro di Bologna, di venerdì sera, pioviggina anche un po’ e tra poco è ora di cena, quindi la logica cosa suggerirebbe?

Di andare a Bazzano, un paesino a una trentina di chilometri da lì, nell’unica osteria per cui non ci si può sbagliare, dove Gianluca Morozzi e Alberto Sebastiani devono fare un reading dell’opera omnia del Moroz con accompagnamento musicale. Ovvio.

Io, Ric e la Betty partiamo con la neo rodolfimobile (Ecco dove sono gli abbaglianti!) e dopo mezz’ora stiamo girando e cercando nel paese, cercando e girando, girando e cercando fino a scoprire che siamo a Crespellano.
Sarebbe meglio girare e cercare a Bazzano, però.
Dopo un quarto d’ora stiamo cercando e girando nel paese giusto. Non dev’essere difficile, è l’unica osteria sotto gli unici portici nell’unica piazza.
Non facciamo altro che vedere piazze, osterie e portici, da chiederci se a Bazzano ci sia anche qualcos’altro.
Dopo un rapido dialogo tra me e il titolare di un’osteria sotto i portici di una piazza (Salve, siamo amici di Gianluca Morozzi. Chi? …Morozzi, per il reading. Eh? Non c’è un reading qui, stasera? Cos’è? Ok, grazie, scusi.) finalmente troviamo il locale giusto.
Allegro, straripante di gente e con l’elemento giusto nel menù: pasta fresca fatta in casa. Per quanto mi riguarda, sono felice.

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L’altro giorno mi sono svegliata tardi e infilata in una vasca piena di acqua bollente e schiuma profumata chiedendomi che effetto facesse farsi un bagno rilassante di lunedì mattina, per giunta feriale.
Confermo, è rilassante, ma un filo noioso, lo preferisco quando fuori è buio e l’inverno fa la ronda.
Così, dopo un tempo sufficiente a giustificare l’uso di quelle decine di litri d’acqua, sono uscita, mi sono infilata l’accappatoio e ho digitato sul sito di Trenitalia curiosando tra gli orari.
Poche ore dopo salivo su un intercity per Milano, avendo avuto cura di mandare messaggi a un po’ di amici milanesi e lasciando fare al destino.
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