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il-concertoE sempre per la serie Devi assolutamente vedere questo film, l'altra sera, complice una rassegna cinematografica estiva, sono andata a vedere Il concerto.

Inizia stritolandoti il cuore, facendoti andare a sbattere contro Andrei Filipov che, grandissimo direttore d'orchestra del Bolshoi, trovi armato di stracci, scope e strofinacci intento a pulire lo stesso teatro di cui riempiva la platea trent'anni prima.

E' la storia di un riscatto atteso per decine di anni, di un concerto interrotto a metà, insieme alle vite dei protagonisti, dal regime russo di Breznev, eufemisticamente poco morbido con gli ebrei in Russia.
Trent'anni di emarginazione di un gruppo di musicisti, la grande orchestra dei tempi d'oro del Bolshoi, finiti ai confini della dignità umana e trasformati in autisti, facchini, fruttivendoli o quant'altro di più distante dalla musica.
Ali spezzate e in agonizzante sopravvivenza che vivono sempre più di ricordi e sempre meno di speranze, ma che di fronte alla possibilità di tornare a essere grandi con la propria musica tornano a sognare di volare.
E di volare sul serio, seguendo il Maestro Filipov fino a Parigi, con vari e divertenti stratagemmi, per suonare nel Teatro Chatelet il concerto rimasto incompiuto tanti anni prima, per chiudere un cerchio, per tornare a esistere.

Oscillante tra commedia e tragedia, tra dramma umano e tristi pagine di storia, la bellezza di questo film supera le varie scivolate registiche e riesce a lasciare una potente emozione nel finale, oltre al desiderio incontenibile di uscire dal cinema e correre ad ascoltare Tchaikovsky (per la prima o l'ennesima volta, non importa).
Validissimi attori, soprattutto i protagonisti principali, e Mélanie Laurent è sempre brava e bella da impazzire.

Avrei apprezzato una dose minore di grottesco che, d'accordo, in certi momenti, soprattutto durante il concerto (climax altissimo), serve a mitigare l'indubbia potenza dell'emozione, ma secondo me il regista s'è fatto prendere la mano e ha ecceduto, inciampando spesso in un ridicolo forzato.
Cinquanta persone, un tempo abituate a raggiungere le armonie più alte sul palco di uno dei più grandi teatri del mondo e per trent'anni costrette alla povertà e a vivere di espedienti, ai margini della società, quando finalmente hanno la loro occasione di riscattarsi dubito si comportino come un'orda di selvaggi analfabeti in vacanza in un villaggio turistico all inclusive.
E tendo a escludere che un Maestro come Andrei Filipov -per tutto il film personaggio di grande discrezione, profondità d'animo e naturale eleganza-  ambisca, a sessant'anni, a conciarsi come un rockettaro burino.
Ma son dettagli che sospendono il senso della misura per giocare con l'eccesso.

Da vedere assolutamente e assolutamente da vedere in lingua originale sottotitolato.
Perchè il pessimo doppiaggio ingolfa il piacere del film (russi che vivono in Russia e che parlano russo come fossero stranieri con accento marcatamente russo? Non mi si dica che è una voluta parodia, non ci sto).

Ps
Incomprensibile, inoltre, il motivo per cui Guylène de La Rivière nasconde ad Anne-Marie Jacquet la verità sui genitori per 29 anni. Si fosse spacciata per la madre, avrei capito, ma non avendolo fatto, mi sfugge sinceramente il perchè della versione alternativa. Bah.

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