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Aprile è arrivato con un carico di fame costante, sonno letargico, voglia di leggere, voglia di scrivere e bisogno di teatro.
Così, dopo mesi di apatia culturale in cui ho giusto spiluccato qualche film, ma niente di più, ho ripreso a divorare libri e a recuperare gli ultimi scampoli di stagioni teatrali. Ultimi in senso solo cronologico, perchè ciò che ho visto ha avuto il potere di farmi pensare "Accidenti, chissà cos'altro mi sono persa in tutto questo tempo lontana dalla platea, testa di nocciola che sono!".

Martedì scorso è stato bello rivedere Nemico di classe di Nigel Wiliams, stavolta con la regia di Massimo Chiesa (bravò!) e con giovani e bravissimi attori in una versione che non ha fatto rimpiangere la storica e indimenticabile versione di Elio de Capitani.

Mentre ieri è stato profondamente emozionante vedere La donna che sbatteva nelle porte di Roddy Doyle, con Marina Massironi e la regia di Giorgio Gallione.

Paula Spencer era una ragazza alta 1.67, coi capelli rossi, considerata di facili costumi e che sapeva di essere stupida ma non se ne curava perchè aveva tutta la vita davanti.  Paula Spencer, ora, è una donna di 39 anni, alta 1.64 perchè la vita l'ha abbassata, coi capelli rossi grazie alla tinta, sposata con Charlo, madre di 4 figli, alcolizzata e che non pensa più di essere poi tanto stupida.

Paula è passata dal riso leggero dell'adolescenza alla scoperta spensierata e quasi incidentale del sesso, dal capire fin dal primo giorno di istituto tecnico di non essere portata per gli studi a innamorarsi di Charlo Spencer perchè l'ha rispettata la sera del loro primo appuntamento.
Quella briciola di rispetto è bastata perchè lei gli consegnasse ogni diritto di vita e di morte, finchè questa non li avesse separati. Quella briciola di rispetto che lui le aveva dato e che la gente le dava da quando lui faceva parte della sua vita.
Perchè Paula, tutto sommato, non ha mai pensato di valere più di tanto. E quando il primo pugno l'ha attesa in cucina, scaraventandola per terra e facendole perdere il figlio che portava in grembo, lei ha nascosto i lividi, il dolore, la paura e la povertà, ha dichiarato di aver sbattuto contro una porta e ha continuato a farlo per diciassette anni, lasciando che quel marito violento la uccidesse quasi tutta.

Col cappotto anche d'estate, con gli occhiali da sole a coprirle il viso, è diventata invisibile agli occhi di chiunque: i familiari, i vicini di casa, i parrocchiani, i medici che la curano ogni volta dalla sua distrazione che la fa cadere per le scale e sbattere nelle porte.

Chiedetemelo supplica lei, silenziosamente. Chiedetemelo. Chiedetemi come mi sono fatta questo, e questo, e questo. Se me lo chiedete io la forza di dirlo la trovo. Chiedetemelo.

Ma nessuno glielo chiede. Il marito, amorevole, premuroso, profumato di old spices, la accompagna ogni volta all'ospedale e le sta vicino, risponde per lei, sorride a tutti, con lo sguardo un po' dolce e rassegnato dell'uomo che ha una moglie così, sbadata, distratta e con l'alito che puzza d'alcol. E gli altri credono al proprio naso, infastidito da quella puzza etilica, e non ai propri occhi.

Paula è dipendente. Più che dall'alcol, da quel marito inizialmente e idealmente così perfetto, dall'amore che lei spera ancora di avere da lui, che lei ancora prova per lui. Una dipendenza che la distrugge giorno dopo giorno e da cui non sa come sottrarsi, perchè a negarle le poche forze che potrebbero salvarla c'è l'indifferenza di tutti.
Perchè forse un po' è anche colpa sua, forse se l'è meritato, forse lei non vale più di quella vita. Forse, se quella sera gli avesse fatto il tè anzichè rispondergli di farselo da solo, il suo tè del cazzo, forse tutto quello non sarebbe successo. Forse non ci sarebbero stati i pugni, i calci, le bruciature di sigaretta, il naso rotto, i denti traballanti, i lividi, le costole incrinate, le ciocche di capelli strappate, i polsi rotti, le dita delle mani spezzate e le minacce, la paura, la segregazione. Forse, se lei gli avesse fatto quel tè, quella sera, non ci sarebbero stati diciassette anni così. Ma no, ora lei lo sa, sa che quel pugno la stava solo aspettando.

Alla fine Paula, incapace di proteggere se stessa, trova la forza di reagire per proteggere qualcun altro. E con la grottesca ironia di una padella regalatale da lui, si libera del marito.
Non sappiamo come sarà la vita di Paula e dei suoi figli da quel momento in poi, ma in quel momento siamo lì con lei a tenere ben salda quella padella e a sbatterla forte, a urlare e a piangere.

Piangere per quella dipendenza di cui soffrono così tante donne che pensano di non valere abbastanza e che per un abbaglio d'amore sono disposte a subire qualunque violenza, qualunque umiliazione, qualunque mortificazione, a dare altro tempo, altra fiducia, ad aspettare, a non trovare il coraggio e la forza di andarsene. Piangere per l'indifferenza di chi è fuori, che preferisce non guardare e non chiedere. Piangere per i solchi profondi che storie come questa lasciano nell'anima di ogni società e di ogni generazione, perchè sono realtà ereditarie, si tramandano, sono realtà capaci di apparire "normali" per essere accettabili e che come tali si riproducono nelle vite di chi le ha subite.

Un testo potente, in perfetto equilibrio tra una sorta di ironica leggerezza e il peso di una comune, semplice e agghiacciante storia di vita.
Una regia in perenne movimento, guizzante, efficace, faticosa, in una scena dove tutto ha un senso attorno a Paula, alla quale offre il respiro Marina Massironi.
Confesso di aver sempre provato una istintiva e forte simpatia per la Massironi, l'ho sempre trovata misurata, spiritosa, intelligente, ma sostanzialmente una comica, una caratterista.
La sua recitazione è per me troppo enfatizzata, poco naturale, ha un registro sovraccarico, ma questa volta -concedendole un inizio di nervosismo, di agitazione e di tempo per entrare nella parte (sono le primissime repliche, l'indulgenza è d'obbligo)- nello svolgersi del monologo l'ho vista, passo dopo passo, trasformarsi in Paula Spencer e inchiodarci tutti fino all'ultimo respiro.

Io fossi in voi andrei a vederlo.

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