Pollicino DorèE, sempre per festeggiare i 388 anni dalla nascita di Charles Perrault, questo è il suo Pollicino (illustrazione di G. Doré).

Sempre tratto da Qualcosa di vero, quando Giulia lo racconta a Rebecca.
Così come ce l’ha raccontata Perrault nei Racconti di Mamma Oca, va da sé.

(…)

“Conosco una fiaba dove due genitori abbandonano sette figli in un colpo solo, la vuoi sentire?”
“Sì!” rispose Rebecca.
Giulia le raccontò di due taglialegna, sette figli, una carestia, il dilemma di trovare cibo per tutti, l’abbandono nel bosco, i sassolini bianchi di Pollicino, il ritorno a casa, e di nuovo la carestia, l’abbandono e le molliche di pane mangiate dagli uccellini.
A Rebecca non sembrava una buona idea lasciare sette figli nel bosco per paura di vederli morire di fame. Giulia concordò con lei, ma le assicurò che alla fine si sarebbero salvati tutti, non senza parecchie vittime.
“Morti?”
“Molti.”
Quella fiaba sarebbe piaciuta a Daniele, pensò Rebecca.
Ed ecco i sette bambini abbandonati bussare alla porta di un’orchessa dai capelli come spaghi, denti come cavatappi, occhi come lanterne. Non bellissima, in effetti, ma tanto gentile.
Sempre meglio di una notte nel bosco.
“E visto che è anche una mamma,” continuò Giulia, “l’orchessa nasconde Pollicino e i suoi fratelli sotto il letto per proteggerli da quell’orco del marito, un bonaccione, in realtà, ma goloso di bimbame. Appena rincasa, il signor orco, che, gli va riconosciuto, ha un olfatto sopraffino, sente il profumo della carne giovane, stana i sette fratellini, va a prendere un coltellaccio e, mentre si riavvicina sbavando, già se li immagina cucinati in umido. La moglie lo convince ad aspettare fino all’indomani, ché i bambini di sera restano sempre un po’ sullo stomaco, e mette in salvo i piccoli umani nella camera delle proprie figlie. Per fortuna, mentre tutti dormono, Pollicino nota che le sette orchette portano corone d’oro: seguendo l’istinto, gliele toglie, se ne sistema una sulla testa e le altre le fa indossare ai fratelli. Ottima mossa, perché, verso mezzanotte, papà orco entra di soppiatto, tocca al buio le teste di tutti, lascia stare quelle con la coroncina e sgozza chi non ce l’ha. Poi torna a dormire sognando la colazione.”
“Sgozza le figlie?”
“Già, ma non lo fa apposta. A questo punto Pollicino, che ha assistito alla strage, sveglia i fratelli e scappa con loro nel bosco. Il mattino dopo, l’orco, disperato, infila gli stivali delle sette leghe e corre a cercare i piccoli fuggiaschi, che, ormai a cento passi dalla casa dei genitori, si nascondono nell’incavo di una roccia. Quanto all’orco, stremato, si addormenta proprio sopra quella roccia. Pollicino dice ai fratelli di tornare a casa e di non preoccuparsi per lui. Poi ruba gli stivali magici, va dall’orchessa dicendole che il marito è stato rapito da una banda di ladri e le chiede, per il riscatto, tutto quello che lei possiede. La poverina, che già non ha avuto un buon risveglio, gli crede e gli dà ogni cosa: gioielli, monete, brillanti. E Pollicino se ne torna da mamma e papà dopo aver distrutto un’intera famiglia.”
“Ma è terribile!”
“Vero? Lo penso anch’io. Secondo me, da allora, nelle fiabe della buonanotte dei genitori orchi si narra di mostri terribili chiamati bambini.”

(Qualcosa di vero, cap. 23)