Ed eccoci alla fine della presentazione, dopo aver firmato un sacco di copie di Chanel e aver vanificato l’effetto del prosecco giusto giusto dopo l’ultima dedica.

Siamo nel pieno centro di Bologna, di venerdì sera, pioviggina anche un po’ e tra poco è ora di cena, quindi la logica cosa suggerirebbe?

Di andare a Bazzano, un paesino a una trentina di chilometri da lì, nell’unica osteria per cui non ci si può sbagliare, dove Gianluca Morozzi e Alberto Sebastiani devono fare un reading dell’opera omnia del Moroz con accompagnamento musicale. Ovvio.

Io, Ric e la Betty partiamo con la neo rodolfimobile (Ecco dove sono gli abbaglianti!) e dopo mezz’ora stiamo girando e cercando nel paese, cercando e girando, girando e cercando fino a scoprire che siamo a Crespellano.
Sarebbe meglio girare e cercare a Bazzano, però.
Dopo un quarto d’ora stiamo cercando e girando nel paese giusto. Non dev’essere difficile, è l’unica osteria sotto gli unici portici nell’unica piazza.
Non facciamo altro che vedere piazze, osterie e portici, da chiederci se a Bazzano ci sia anche qualcos’altro.
Dopo un rapido dialogo tra me e il titolare di un’osteria sotto i portici di una piazza (Salve, siamo amici di Gianluca Morozzi. Chi? …Morozzi, per il reading. Eh? Non c’è un reading qui, stasera? Cos’è? Ok, grazie, scusi.) finalmente troviamo il locale giusto.
Allegro, straripante di gente e con l’elemento giusto nel menù: pasta fresca fatta in casa. Per quanto mi riguarda, sono felice.

Morozzi decide di usarmi come lettrice guest star e mi affibbia il pezzo sull’Orrido di Serena Variabile, un pezzo di Cicatrici e –grazie Moroz, ancora grazie- il capitolo “La sega carpe diem” tratto dall’Elogio a Federica la mano amica, un suo sottile e raffinato libello di cui, chissà come mai, mi era sfuggita la pubblicazione. Se pensate che sia una metafora vi state sbagliando, ma apprezzo il disperato tentativo di salvarmi idealmente dall’imbarazzo.
Nonostante l’immedesimazione mi sia quantomeno difficile, leggo, mentre Gianluca mi accompagna alla chitarra e Alberto alla plastica di pacchetto di sigarette (che se suonata bene produce effetti musicali insospettabili, meglio del filo d’erba).

In sostanza, riusciamo a divertirci nuovamente e a concludere la serata verso mezzanotte dopo due ore tra letture, musica, vino e foto a immortalare una di quelle dieci cose che abbiamo fatto ma che non possiamo credere d’aver fatto, però le abbiamo fatte. E le rifaremmo.*

 

*Magari quando non si rischia di dare fastidio alle persone che cenano, costringendole ad alzare il tono della voce per sovrastare quella di seccanti artisti che si ostinano a parlare al microfono.