C’è una sorta di surrealtà nel camminare tra la gente con l’ipod nelle orecchie.
Lo faccio sempre, mi ritma la camminata e mi dimezza la sensazione del tempo, oltre a dare una colonna sonora al percorso per andare in ufficio, in stazione, a qualche appuntamento o semplicemente in giro per negozi.
Se cammino da sola, mi serve la musica.
E ciò che osservo, magari distrattamente, sembra scorrere su una pellicola, è distante, piuttosto che a pochi metri da me.
Quando ieri sera ho visto quella donna anziana cadere per terra, però, è stato istintivo correre da lei per aiutarla. Non era un film, era una signora di molte primavere, con un cappotto marrone, calze contenitive, scarpe ortopediche, la borsa, il sacchetto di un negozio e una parrucca bionda.
Tutto era caduto insieme a lei, compresi i suoi capelli.
Non le importava della borsa o del colpo preso alle gambe o del sacchetto del negozio: ancora per terra la prima cosa che ha fatto è stata cercare di rimettere a posto la capigliatura, mentre, oltre me, altre persone correvano ad aiutarla.
Io, scordandomi di avere l’ipod acceso, guardavo la scena senza sentirne i dialoghi e ho visto nitido il suo imbarazzo nel non sentirsi a posto davanti a tutta quella gente. Teneva gli occhi bassi, confusa, a disagio, aveva attirato la nostra attenzione senza volerlo e cercando di essere il più discreta possibile, con una mano, tentava di controllare la parrucca, vergognandosi.
Avrei voluto nasconderla a tutti, lasciarla per un attimo davanti a uno specchio dove poter sistemare la sua dignità, perché era l’unica cosa a cui riusciva a pensare, di cui sentiva il bisogno.
Le ho restituito la borsa e il sacchetto raccolti dal marciapiede guardandola negli occhi e sorridendole, e sono andata via rapida, capendo che era l’unica cosa che desiderava facessimo tutti noi.