Barbara primo pianoEra il giorno della Prima Comunione, avevo passato la mattinata con una tonaca bianca e una spremuta di spiritualità negli occhi. Decine di foto a mani giunte col sorriso da brava bambina. Finalmente era arrivato il pomeriggio, la festa con gli amici, il cambio di vestito. Più libera, più me stessa.
Avevo ricevuto moltissimi regali: ciondoli, orologi, diari col lucchetto, perfino un set per la manicure. Ma soprattutto un pallone giallo e rosso con cui stavo giocando insieme agli altri bambini.
Barbara”, mi diceva papà, “guarda qui”. Io mi giravo e lui scattava. Ero di fretta, avevo da fare, era la mia festa, c’erano nove anni di adrenalina da bruciare. “Papà, dai, sto giocando!”, sbuffavo. Lui rideva, mi prendeva in giro e continuava a scattare. Aveva sempre una macchina fotografica in mano, raccoglieva ricordi e fermava il tempo, diceva. Non capivo questa necessità dei grandi di fermare il tempo, a me sembrava non passare mai.
Papà, alla fine, mi propose un patto. “Se mi fai un bel sorriso poi ti lascio in pace”. E io sorrisi.


Grazie a Guglielmina Aureo ed Eliana Quattrini del Corriere Mercantile per aver pubblicato in anteprima questo piccolo racconto.