Ogni tanto io sbircio sul sito dell’Accademia della Crusca, già.

Lo so, è più normale girare su youporn, lo gnocca forum o le altrui bacheche di facebook, ma che vi devo dire? Le regole dell’italiano mi intrigano, mi rassicurano e a volte mi entusiasmano, come quando ritrovi quella cosa che credevi d’aver perso da mesi e invece, guarda, era nel cassetto dei calzini, come diamine c’è finita non lo saprai mai, ma di fatto è tornata tra le tue cose. Ecco, una roba del genere, non so se potete capirmi (se potete, tanta solidarietà, abbracciamoci rassegnati).

Oggi mi sono sollazzata con gli accenti corretti di quelle parole che ti lasciano sempre il dubbio su come diamine si pronuncino e mi sono autotestata, uscendone direi dignitosamente. Non eccellentemente, ma dignitosamente.

Pronuncio nel modo giusto: abbaìno (sopraelevazione sul tetto di un fabbricato), adùlo (voce del verbo adulare), alcalìno, alchimìa (ma è accettabile anche alchìmia, pensa te), amàca, appendìce, àrista, arrògo (voce del verbo arrogare), assòlo, autòdromo, balaùstra (‘parapetto che chiude un balcone, una scalinata’), baùle (veramente c’è gente che dice bàule?), bocciòlo, bolscevìco, cadùco, callìfugo, cànide, carìsma, circùito (percorso di una gara’ o a un ‘circuito elettrico), circuìto (participio passato del verbo circuìre), codardìa, collànt, cosmopolìta, cucùlo, Cupìdo (se il dio dell’amore), cùpido (nel senso di aggettivo, ‘bramoso’), dàrsena (parte del porto destinata alle riparazioni navali), depliànt, dissuadére, ecchìmosi, edìle, elèttrodo, elzevìro (‘articolo di fondo della pagina letteraria di un giornale’), errata còrrige (‘lista di errori da correggere, posta in fondo ai libri’), io esplèto (voce del verbo espletare), èureka, faringèo, fortùito, gratùito, ìlare, ìmpari (non pari), infìdo, Ìnternet, io intèrseco, isòtopi, libìdo, melòmane, osteòpata, persuadére, pudìco, rubrìca, Salgàri (cognome del famoso scrittore di romanzi d’avventura), salùbre, io strarìpo, sutùra, ùpupa (tipo di volatile), Uràli.

Sbagliavo e probabilmente continuerò a sbagliare (ma ve li scrivo con gli accenti giusti): io àbrogo (voce del verbo abrogare), io centellìno (voce del verbo centellinare), colòssal (‘film grandioso e spettacolare’), dagherròtipo (vecchio tipo di fotografia), diurèsi, gòmena, guaìna, incàvo, Islàm, leccornìa, lùbrico (‘disonesto’, ‘lascivo’), mollìca, Nobèl, peróne, ròbot, scandinàvo, tèrmite, tralìce, io valùto.

Non avevo nemmeno idea che esistessero, figurarsi che dubbi potevo avere sull’accentazione: acribìa (‘precisione miracolosa’), anòdino (‘insignificante’), enurèsi (perdita involontaria di urina), lemniscàta (‘curva piana a forma di otto’), prosàpia (‘stirpe’, ‘schiatta’), sàrtia (cavi di rinforzo degli alberi delle navi), seròtino (‘serale’), tarsìa (composizione formata da tipi diversi di uno o più materiali).

Secondo i miei amici un fidanzato potrebbe risolvere il problema.