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27 gennaio 1945Tratto da L'istruttoria - "Oratorio in undici canti" di Peter Weiss*

II. CANTO DEL LAGER

GIUDICE
Com'erano le istallazioni sanitarie?

TESTIMONE 3
Nel lavatoio c'erano truogoli di legno con sopra un tubo di ferro perforato. Dal tubo gocciolava l'acqua. Nella latrina c'erano lunghe vasche di cemento con sopra tavole fornite d'orifizi. Vi potevano prendere posto 200 persone. Il Kommando-latrine vigilava che nessuno rimanesse troppo seduto.

Quelli del Kommando si avventavano coi bastoni sugli Häftlinge per buttarli fuori. C'era chi non poteva così in fretta e nello sforzo espelleva un tratto di retto. Una volta cacciati fuori si rimettevano vicino a quelli in attesa.
Non c'era carta. Certi per pulirsi si strappavano un brandello d'abito o di notte si rubavano a vicenda pezzi d'uniforme da tenere di riserva.
I bisogni andavano fatti la mattina. Di giorno non era possibile. Se qualcuno veniva colto era la prigione.
Gli scoli del lavatoio finivano nella latrina per far defluire le feci. C'erano ingorghi continui perché la pressione era insufficiente. Allora arrivavano i Kommandos-merda per pompare via la roba. Il tanfo delle latrine si mescolava al puzzo del fumo.

TESTIMONE 4
Le gamelle consegnateci servivano per tre usi. Per lavare, per la zuppa, per i bisogni di notte.
Nel Frauenlager l'unica sorgente d'acqua era vicino alle latrine. Le donne stavano accanto al filo sottile che fluiva nei tini cogli escrementi, bevevano e cercavano di raccogliere un po' d'acqua nella gamella. Quelle che rinunciavano a lavarsi erano finite.

TESTIMONE 5
Mi bastò saltare dal vagone tra la ressa della banchina per sapere che l'essenziale lì era badare al proprio interesse, assecondare quelli in alto, fare una buona impressione, stare lontano da quanto poteva tirare sotto.
Quando ci stesero sui tavoli nella sala d'accettazione ci frugarono nell'ano e nella vagina per cercare preziosi. Svanirono le ultime tracce della nostra vita abituale. Famiglia, casa, professione, proprietà erano concetti scancellati con la trafittura dei numeri.
E già cominciavamo a vivere secondo nuovi concetti, ci adattavamo a un mondo che diventò normale per quelli decisi a viverci. Legge suprema era mantenersi sani, mostrare forza fisica. Io m'attaccavo a quelle che erano troppo deboli per consumare la loro razione e m'impadronivo di questa alla prima occasione. Mi mettevo in agguato quando stava per morire una con un pancaccio migliore del mio.
La nostra ascesa nella nuova società cominciava nella baracca che adesso era la nostra casa. Dal posto nel fango gelido arrivavamo a conquistare i posti caldi dei pancacci in alto. Se due dovevano mangiare nella stessa scodella ognuna fissava la gola dell'altra attenta che non ingoiasse un cucchiaio di più. Le nostre ambizioni avevano un unico fine: conquistare qualche vantaggio. Era normale che tutto ci venisse rubato. Era normale che a nostra volta rubassimo.
Il sudicio, le piaghe, le epidemie erano un fatto normale. Era normale che si morisse dappertutto e normale era l'imminenza della propria morte. Era normale che non si provasse più nulla e l'indifferenza alla vista dei cadaveri. Era normale che tra noi si trovasse chi aiutava a picchiarci quelli che erano sopra di noi. Chi diventava serva dell'anziana del Block non era più all'ultimo gradino e arrivava ancora più in alto chi riusciva a ingraziarsi le Blockfurhrerinnen.
Poteva sopravvivere soltanto il furbo che ogni giorno con attenzione sempre desta conquistava il suo palmo di terreno. Gli inetti, gli apatici, i miti, gli agitati, gli inadatti, gli afflitti, quelli che si commiseravano erano schiacciati.

TESTIMONE 6
La prima mattina andammo all'appello. Pioveva. Restammo in piedi per ore e vedemmo dietro il filo spinato dall'altro lato della banchina caricare donne sui camion a bastonate. Erano nude e gridavano verso noi uomini. Aspettavano aiuto da noi ma noi stavamo lì tremanti e non potevamo aiutarle.

TESTIMONE 4
Arrivai in una baracca piena di cadaveri e vidi che qualcosa si muoveva tra i morti. Era una bimba. La portai fuori sulla strada e chiesi “Chi sei. Da quando sei qui?”.
“Non lo so”, disse.
“Come mai sei qui in mezzo ai morti?” chiesi.
E quella disse “Tra i vivi non posso più stare”.
La sera era morta

TESTIMONE 5
Dovevamo scavare fosse. Molte donne stramazzavano sotto badilate di fango. Eravamo nell'acqua fino alla vita. Le guardie ci sorvegliavano. Erano giovanissime.
Una donna si rivolse al Kommandofuhrer “Signor Capitano”, gridò “non posso lavorare in questo modo, sono incinta”.
Quelli risero e uno col badile la tenne sott'acqua finché affogò.

TESTIMONE 7
Sentii una sentinella parlare attraverso il filo spinato con un ragazzo di nove anni.
“Sai già parecchio per la tua età”, disse l'uomo.
Il giovane replicò “So di sapere molto e so anche che non imparerò più nulla”.
Lo caricarono sui camion con una novantina di bambini. Quando i bimbi cercarono d'impuntarsi quello gridò “Avanti, salite sull'auto senza urlare, tanto avete pur visto partire i genitori e i nonni. Avanti, salite e li rivedrete”.
Mentre partivano lo sentii gridare alla sentinella “Le pagherete tutte”.

* L'istruttoria "Oratorio in undici canti" è un'opera teatrale del drammaturgo tedesco Peter Weiss.
Il dramma si basa sulle note prese da Weiss (e in gran parte sui resoconti redatti da Bernd Naumann per la «Frankfurter Allgemeine Zeitung ») durante le sedute del processo contro un gruppo di SS e di funzionari del Lager di Auschwitz, che si tenne a Francoforte sul Meno tra il 10 dicembre 1963 e il 20 agosto 1965.
Questo fu il primo processo voluto dal governo tedesco per giudicare le responsabilità del nazismo nella tragedia dell'Olocausto. Nelle 183 giornate di processo vennero ascoltati 409 testimoni, 248 dei quali sopravvissuti al campo di sterminio. La sentenza fu emessa il 19 agosto del 1965: 6 imputati furono condannati all'ergastolo, 11 furono condannati dai 3 ai 14 anni di prigione, 3 furono assolti.
(fonte Wikipedia)

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