Se ne sono dette tante, sugli Dei. Letteralmente. Ci sono svariate versioni dei miti che li riguardano e sono le storie più belle del mondo (e un po’ tutte le storie vengono da lì, diciamocelo). Alcuni elementi, però, sono sempre uguali: gli Dei sono potenti come ogni divinità deve essere, hanno una visione piuttosto ampia del mondo, hanno l’umore variabile come il tempo, si innamorano come adolescenti e sono più suscettibili di un gatto. Oltre a ciò, hanno una creatività straordinaria e, ovviamente, sono epici. Come si fa a non amarli?
Vi svelo qualcosa dei sette scelti dalla banda degli Dei, qualcosa che forse neanche i ragazzi della banda sapevano quando hanno scelto i loro nomi divini. Se volete, potete divertirvi a cercare i punti in comune tra loro e le divinità.

Afrodite per i Greci, Venere per i Romani
Afrodite, Venere per i Romani, era la dea della bellezza, dell’amore e della fertilità. Alcuni la consideravano figlia di Zeus e della ninfa Dione, ma la versione più accreditata del mito la fa nascere in primavera dalla spuma del mare fecondata dai genitali di Urano, che Crono aveva tagliato e scagliato in mare dopo essersi ribellato al padre (non ci andavano leggeri, già).
Afrodite, dal greco afros, “spuma”, emerse dalle onde su una conchiglia di madreperla (e va da sé che tutti crollarono innamorati ai suoi piedi e cominciarono a correre in tondo in preda agli ormoni. Pare che la ragazza avesse una carica erotica di una certa potenza).
Zeus la diede in moglie a Efesto, anche se l’idea di unire la dea più bella al dio più brutto non fu delle migliori: è naturale che la dea dell’amore passi il suo tempo ad amare – ma soprattutto farsi amare da – chiunque lei desideri, che ti aspetti?
Fece parecchi figli, ma il più amato e temuto è Eros (Cupido), l’amore, avuto da Ares.
Preoccupata perché il piccolo non cresceva, gli fece un fratello, Anteros, “colui che ricambia l’amore”: un mito per ricordarci che l’amore, per poter crescere, deve essere ricambiato.
Sennò non state a perdere tempo.
Tra i suoi animali sacri ci sono il delfino e la colomba.
Il 1° aprile e il 19 agosto erano le giornate a lei consacrate, soprattutto dai marinai che la veneravano come dea sorta dal mare.

 

Apollo e Artemide per i Greci, Apollo e Diana per i Romani
Sappiamo che Zeus non era proprio un marito fedele e infatti la mamma di Apollo e Artemide è la dea Leto (Latona per i Romani). Era, moglie di Zeus, che si infuriava ogni volta che suo marito la tradiva (vita grama), si fece promettere da Gea che non avrebbe fatto partorire Leto sulla Terra: un po’ complicato, però.
Poseidone, impietosito, fece allora spuntare una nuova isola, Delo, e fu lì che i due piccoli Dei vennero alla luce, anche se non lo stesso giorno, perché gli Dei fanno un po’ come gli gira.
Apollo, settimino, rappresenta il potere del Sole ed è il dio delle arti e di ogni cosa luminosa, compresa la scienza e la luce della ragione. È anche il dio della bellezza (insomma: è un figo!) e della poesia.
Lo si festeggiava in particolare tra il 6 e il 13 luglio.
Artemide (Diana per i Romani), siccome nasce dopo un lunghissimo travaglio, diventa la divinità che presiede i parti e le viene un’istintiva antipatia per gli uomini, tanto li schifa e sta solo con le sue ninfe.
È anche la dea della caccia, è un tipo che non le manda a dire, punisce senza pensarci troppo e viene associata alla luna.
Una festa a lei consacrata era il 13 agosto. Può essere una buona amica, ma è meglio non farla arrabbiare.

 

Ares per i Greci, Marte per i Romani
Per i Greci Ares è figlio di Zeus ed Era, mentre secondo i Romani Era, ossia Giunone, ha fatto Marte da sola, indispettita dal fatto che Giove avesse fatto nascere da solo Minerva, ossia Atena.
[sì, esatto: Giunone va da un’amica dea che la fa sedere su un fiore in modo che si impollini da sola, tanto per ricordarci quanto fossero avantissimo nell’antichità]
In ogni caso, era il dio della guerra.
Il greco Ares, però, è il dio degli aspetti più violenti della guerra, è un bellicoso assetato di sangue, uno con cui è meglio non andare a una festa, insomma, di quelli che perdono subito la ciribiricoccola, e infatti i Greci non è che si fidassero un granché di lui (tra l’altro,
di rado usciva vincitore dalle battaglie, Atena era molto
più in gamba).
I Romani, invece, identificarono Ares con il dio Marte, un’antica divinità indoeuropea, più controllata e saggia (le arti marziali richiedono infatti molta disciplina), che la guerra la faceva solo se era necessario.
Marte, nella società romana, era molto venerato, anche perché considerato il padre di Romolo e Remo, i fondatori di Roma, quindi un po’ tutti i Romani si consideravano suoi discendenti (così, per una botta di modestia).
Rappresentava anche la virtù, la forza della natura e della gioventù, e nei tempi antichi era collegato a una pratica, la Ver Sacrum (“primavera sacra”): se in situazioni difficili i cittadini decidevano di allontanare tutti i ragazzini, Marte se ne prendeva cura formando con loro una banda e proteggendoli finché non avessero creato una nuova colonia in un luogo sicuro.
Insomma, nella sua versione latina non è niente male.
Uno dei giorni a lui consacrati era il 14 marzo e tra gli animali sacri aveva il lupo e il cavallo.

 

Atena per i Greci, Minerva per i Romani
Secondo la mitologia greca, Atena è nata – già adulta e con tanto di armatura – dalla testa di Zeus, dopo che Zeus aveva divorato la sua prima moglie, Meti, in quel momento incinta della dea e non abbastanza svelta a correre.
Atena, figlia prediletta di Zeus e quasi sua pari, ha lo sguardo che scintilla di intelligenza, è saggia, guerriera, richiestissima consulente di strategie belliche e, laddove può, artefice della pace (vince anche una sfida sul dono più utile per gli uomini: Poseidone propone un cavallo, simbolo della guerra, lei un ulivo. Mi direte: vince con un ulivo?! Eh, rappresenta la pace. E nella morra dei regali migliori, pace batte guerra).
Insomma, era la dea della ragione (o della sapienza, come preferite), delle abilità tecniche e manuali, quindi anche delle invenzioni tecnologiche e della strategia militare, ossia degli aspetti più ingegnosi della guerra (mentre per quelli più violenti c’era Ares).
Aveva una grande predilezione per le persone dotate di astuzia, che aiutava sempre volentieri, per esempio Odisseo (insomma, era una sapiosexual. Batti il cinque, sorella!)
Diciamo che, se avete lei in squadra, vincete di sicuro.
In generale, era molto amata dal popolo: guerriera saggia e forte, rappresentava le qualità intellettuali di uomini e donne.
E aveva un forte, fortissimo senso della giustizia.
Va da sé che Atene era consacrata a lei (per quella storia dell’ulivo).
Veniva celebrata soprattutto il 19 marzo (per cinque giorni) e uno dei suoi animali sacri era la civetta.

 

Dioniso per i Greci, Bacco per i Romani
Anche su Dioniso circolano storie diverse e spesso contraddittorie: figlio di Zeus – e su questo pare esserci unanimità – qualcuno lo ha fatto incarnare in Persefone, qualcun altro divorare dai Giganti (che il padre ha prontamente fulminato, facendo piangere Dioniso e, da quelle lacrime, potrebbe essere nato il genere umano, ma io preferisco la versione di Prometeo e Atena che modellano i primi umani in un pomeriggio di giochi); qualcuno ancora lo ha fatto nascere dalla coscia di Zeus dopo che Semele, la madre di Dioniso, che in quel momento era incinta, morì di curiosità – è proprio il caso di dirlo – dopo aver chiesto a Zeus di mostrarsi in tutto il suo splendore (noi comuni mortali non sopravviviamo alla vista degli Dei nudi e crudi: è come andare vicinissimi al sole e fissarlo. Non una mossa furbissima).
In tutti i miti, comunque, Dioniso è indiscutibilmente simbolo della gioia di vivere, amante del cibo, del buon vino, della musica: insomma un gran godereccio tutto istinto, passione e follia, parecchio sanguigno (quando si arrabbia urla come un forsennato) e che adora cantare e ballare (e fare sesso, tanto sesso, con tutti, maschi e femmine, come era normale, non è che ci fossero tutti ‘sti problemi, all’epoca).
Le sue sacerdotesse erano le Menadi, o Baccanti, donne in preda alla frenesia estatica e leggermente invasate. Ma proprio leggermente.
I loro Bacchanalia si festeggiavano il 15 e il 16 marzo.
Va da sé che il vino gli è sacro (e gli piace parecchio).
Con lui ci si diverte un botto.
Insomma: sesso, droga e rock’n’roll non è un’idea degli anni ’70.

Hermes per i Greci, Mercurio per i Romani
Figlio di Zeus e della pleiade Maia, era il messaggero degli Dei (soprattutto di Zeus) e per andare più veloce aveva ali nel berretto e ai piedi.
Furbissimo, fin dall’infanzia ha cominciato a rubacchiare oggetti preziosi, un po’ per scherzo, un po’ perché gli servivano, e infatti è considerato anche il protettore dei ladri e dei truffatori.
Ha la parlantina facile: è il dio della comunicazione, dell’eloquenza, dell’inganno e del commercio (Mercurio viene, probabilmente, dalla parola latina merx o mercator, ossia “mercante”).
Insomma, la sa raccontare e vendere bene, tanto che gli viene attribuita anche l’invenzione delle favole.
Protegge inoltre viaggi e viaggiatori e ci sa fare con la divinazione, con i sogni e con le anime dei morti.
Difficile tenerlo fermo, è sempre meglio averlo come amico.
Lo si festeggiava il 15 maggio.


La banda degli Dei (Rizzoli) in libreria dal 19 ottobre 2021