Terry Pratchett piccioniOggi è il 12 marzo 2015. Oggi è morto Terry Pratchett.
Quando l’ho saputo ero in piazza De Ferrari, a Genova. Me l’ha detto un messaggio via twitter.
Ho spento l’iPod, mi sono avvicinata al muro di Palazzo Ducale, nell’angolo più discreto, ho finto di concentrarmi sul cellulare e ho pianto. Un po’ mi imbarazza dirlo, ma è andata così.
E’ come perdere un caro amico, qualcuno con cui hai passato giornate straordinarie, qualcuno che conosci da anni, qualcuno che ha sempre saputo farti ridere e riflettere, qualcuno che ti ha dato moltissimo, qualcuno che ti ha dimostrato che si possono raggiungere livelli di eccellenza facendo sul serio ma senza prendersi sul serio.

Avevo un desiderio (confessato, finora, solo a due persone): fargli avere i miei libri. Mi bastava anche solo saperli su una mensola di casa sua. A prendere polvere di casa Pratchett, che qualcosa di speciale son sicura ce l’abbia anche quella polvere.
C’è un omaggio a lui in ognuno di loro, a volte nascosto, a volte palese, ma in tutti. E in Qualcosa di vero c’è anche un drago. Non un drago dei suoi, di quelli che volano su Mondo Disco, ma comunque un drago. Ed era soprattutto quel drago che io avrei tanto voluto fargli avere.

Terry Pratchett non aveva bisogno di dimostrare di essere un grande scrittore, non aveva bisogno di sfoggiare la propria cultura, non aveva bisogno di far vedere quanto fosse intelligente, non aveva bisogno di sfornare solenni pagine letterarie. Lui era oltre, e lì dov’era poteva fare ed essere tutto questo anche con una papera sul cappello.
Mi ha dato tanto, ma soprattutto mi ha dimostrato che si può fare letteratura ridendo. Bisogna solo essere un po’ più bravi degli altri. Lui lo era.

Oltre un anno fa vi ho spiegato qui perché vale la pena leggere Terry Pratchett.
Oggi ve lo ripeto.

Perché oggi, da qualche parte, qualcuno ha detto “BENVENUTO, UOMO DAL BUFFO CAPPELLO”.
E l’uomo dal buffo cappello ha sorriso.

È lì che sono andati a finire i draghi.
Giacciono…
Non morti, non addormentati. Non in attesa perché ciò implicherebbe aspettative. Forse il termine che stiamo cercando è… quiescenti.
Anche se lo spazio che occupano non è come lo spazio normale, sono comunque ammassati tutti insieme. Non c’è un singolo centimetro cubo che non dia alloggio a un artiglio, un unghione, una squama o la punta di una coda così che l’effetto è quello di un disegno deformante e solo alla fine gli occhi realizzano che lo spazio fra ogni dragone è, in realtà, un altro dragone.
Potrebbero rammentare una scatola di sardine, se le sardine fossero enormi, squamose, orgogliose e arroganti.
Forse, poi, da qualche parte, c’è la chiave.

(Incipit di “A me le guardie!” di Terry Pratchett)