La mia è stata una Berlino decisamente non convenzionale, vissuta camminando, anche a piedi nudi e non solo per il parco, guardandomi in giro alla perlopiù, come pare essere l’espressione tipica dei berlinesi, uscendo di casa in pigiama e ciabatte per andare a comprare i croissant al marzapane o alla cannella, evitando la maggior parte dei luoghi tipicamente turistici che “bisogna assolutamente vedere se si va a Berlino”, o smarcandoli alla velocità della luce (tranne il Pergamon, che l’ira degli Dei si abbatta su chi snobba il Pergamon).
Mi aspettavo più momenti di surrealtà, lo ammetto, ma forse ci sono stati, solo che qui è alterato in origine il concetto di normalità, per cui la percezione varia di alcuni gradi e quando noti un segno verde tra i capelli di una ragazza e nel vederla poi in viso pensi sollevata che Ok, è tutta verde, allora va bene, ecco, hai fatto il salto.
La mia Berlino è iniziata con un pakistano sulla metropolitana che suonava O sole mio col violino, sedando e ipnotizzando la neonata in lacrime da quindici fermate.
Poi è stata la gente che mangia a qualunque ora del giorno e della notte (ma non alle otto e mezza del mattino), un uomo in cima a un albero per recuperare il pallone con cui stava giocando insieme agli amici alle 11.30 am di un venerdì e i nudisti serenamente sdraiati nel Tiergarten, il parco principale cittadino, davanti al Parlamento.
E anche il conducente della metropolitana che riprende via altoparlante la gente che cerca di salire facendo presente che è sabato, c’è il sole e non è così intelligente salire a tutti i costi su quel treno dato che dopo due minuti ne passa un altro vuoto; l’educazione dei bambini a cui è implicito che debbano contribuire tutti per esempio non attraversando col rosso davanti a loro, perchè tutti devono dare il buon esempio davanti a un bimbo, o non aiutandoli a rialzarsi se cadono dalla bicicletta, perchè non è una tragedia e devono imparare a cavarsela da soli, le miriadi di cani liberi di scorrazzare accanto ai padroni.
Oltre alla flemma disarmante di tutti -camerieri, negozianti, gestori- che ti costringe alla rassegnazione rilassatezza; al cibo ottimo, di qualunque paese e poco costoso ovunque; al senso civico e sociale insito e l’educata naturalezza con cui un berlinese ti riprende, sempre in modo gentile e costruttivo.
E ancora i bicchieri di vetro col vuoto a rendere: se li riporti al bar, dopo aver sorseggiato seduto da qualche parte lungo il canale, ti restituiscono un euro a pezzo.
Il business dei rifiuti di strada: difficilmente troverai bottiglie di vetro o plastica in giro, perché c’è chi ci tira su da vivere raccogliendole dopo le notti brave e portandole nei negozi (qualunque negozio che ne venda) ricevendo soldi.
La banca con l’asilo interno dove anche i correntisti possono lasciare i figli mentre vanno a fare qualche commissione.
Il Partito Pirata che ha vinto alle ultime elezioni, appoggiando il sindaco uscente.
Il Tempelhof, ex aeroporto, dato ai cittadini e usato come parco (ri)creativo con zone barbecue, zone orto, zone calcio, zone miste e kiteskate che sfrecciano lungo le piste di decollo (pare che sia destinato a diventare una montagna con impianti sciistici, ma fino a quel momento resta un parco pubblico autogestito).
Più moltissime altre cose che vorrei non dimenticare ma che non si scoprono da turista bensì da berlinese e che non ho scoperto da sola, ma grazie a un cicerone d’eccezione che mi ha presentato una Berlino inedita per le guide turistiche. Io ho camminato e ascoltato, guardato e ascoltato, memorizzato e ascoltato (forse non sono stata una gran compagnona, in effetti) per cui ciò che sto scrivendo non è un’arguta elaborazione nata da un mio straordinario spirito d’osservazione, ma una mera trasposizione di quanto (e non tutto) mi è stato generosamente raccontato.
Il paragone con la Grande Mela, per quanto opinabile, mi viene immediato perchè di New York io amo proprio il senso di libertà e di possibilità, ma è a Berlino che l’ho davvero trovato, nella sua consapevolezza profonda, nella sua storia secolare, nel peso culturale che ha l’Europa, nel rispetto per chi ha poco e nell’istinto naturale di sostenerlo senza per questo fornirgli alibi, nella tutela della cosa pubblica e della cosa privata. A Berlino puoi essere povero con dignità, a New York no, per dirne una.
Berlino è una città libera, dove è dimostrato empiricamente quanto una collettività, se di forte spirito etico e sociale, possa evolversi e migliorare vita e ambiente. La loro città è la LORO città e la trattano come una famiglia tratterebbe un primogenito, amandola, rispettandola, tutelandola, arricchendola.
Non è bella, non ti conquista con l’estetica, con un’architettura stupefacente o monumenti che tolgono il fiato, ma è interessante, ricca, densa, vitale, stimolante, verdissima e sana.
Klaus Wowereit, sindaco di Berlino -che quando è stato eletto per il terzo mandato è salito sul palco, ha baciato il proprio compagno e ha ringraziato i cittadini- ha definito Berlino povera, ma sexy. Verissimo.
bentornata! Ottima descrizione di Berlino, che ritrovo in quello che ho avuto modo di vedere io (a cui aggiungo che la quantita’ di mostre e concerti strafighi che fanno li’ e’ ingiusta per il resto del mondo).
La domanda essenziale e’ solo una: hai bevuto almeno un ettolitro di Club Mate?
Purtroppo è mese di chiusura della Filarmonica e dei teatri vari, ma l’inaugurazione di una mostra fotografica al c/o Berlin non ce la siamo fatta mancare 🙂
Ah, e no, neanche toccato: la caffeina mi uccide. Però ho tracannato ettolitri di succo di mela e di tisana di zenzero (grattugiato fresco, ovviamente).
Che voglia di tornare a Berlino!
Disse la donna-alibi.
Hai chi ti ospita che ti aspetta. Quali scuse vogliamo addurre?
Quanto tempo ho per rispondere?
Non chiederlo a me, chiedilo a chisaitu 😉
(e nel caso prenditi delle scarpe comode)
🙂
La descrizione che fai del modo d’essere di Berlino più che di Berlino è bellissima. Purtroppo credo che, semplicemente, ci si renda conto di quanto male stiamo messi in Italia non appena la si lascia. Il fatto è che poi ci si fa ritorno, sempre.
Siamo messi male anche per colpa nostra e della nostra mentalità.
Ci lamentiamo delle Istituzioni, della politica e delle regole e non le rispettiamo neanche nelle occasioni più semplici.
La maggior parte degli italiani che si trasferiscono lì non si cerca tra loro, legano con persone di qualunque nazionalità tranne che con altri italiani: è da loro che sono fuggiti 😉
Non avrei saputo descriverla meglio! Approvo ogni virgola.
🙂
Grazie, sono contenta!
Se vuoi aggiungere qualcos’altro accomodati, sei la benvenuta 🙂