bimbo e bimbaIo non amo l’otto marzo. Quando arrivano gli auguri per la Festa Giornata della donna ammicco, ringrazio e vado oltre. Fatico a farli a mia volta e inoltre detesto l’odore della mimosa, che puzza in modo insopportabile.
Io non amo l’otto marzo perché mi pesa immensamente che al giorno d’oggi, nel 2015 ma anche nel 2005 e pure nel 1995 e indietro così a coprire almeno la mia generazione, si debba ancora dedicare una giornata per ricordare che le donne non sono inferiori agli uomini e che non vanno trattate come se lo fossero.
Eppure accade ancora ovunque, quindi è giusto che ci siano battaglie in corso per scalfire la radicata cultura sessista che subiamo quotidianamente.
Però…
Però se mi si dice che le donne sono l’altra metà del cielo, sono dolcemente complicate, grazie a loro è tutto rose, gattini e amore, senza di loro come si farebbe e altre stronzate del genere, mi irrito. Mi irrito per la pessima retorica, mi irrito per le frasi fatte, mi irrito perché magari chi lo dice – e non importa se sia uomo o donna – è quello che poi “Sì però…”.
E, diciamolo, non me ne frega davvero niente di sentirmi dire, l’otto marzo, che sono una donna splendida, forte e autonoma, che rendo il mondo un posto migliore e che merito dei puzzolenti pallini gialli per questo. Quello che davvero vorrei è che non ci dovesse essere una giornata di distinzione.

Sono cresciuta con una madre e due zie lavoratrici e non ho mai sentito nessuno dire loro che non dovevano lavorare. Sono cresciuta con un padre che non mi ha mai trattato come “una femmina” ma come una persona che poteva fare da grande tutto quello che voleva, se si impegnava. Né gli ho mai sentito dire che un professionista valeva meno perché donna. Sono cresciuta con sole cugine femmine e tutte con la libertà di fare l’università e trasformarsi in ciò che volevano. Sono cresciuta in una famiglia che, nonostante svariati difetti, non ha mai sollevato il problema di differenze tra maschio e femmina.
Sono cresciuta senza pensare, minimamente, che potessero essercene, a parte quelle ovvie biologiche.
Sono stata discriminata fuori casa, invece. Sul lavoro soprattutto, ma non solo.

Perché, per esempio:
discrimina chi non assume una donna, soprattutto se è fertile, perché se poi resta incinta è un bel problema.
Discrimina chi fa fare carriera agli uomini di fiducia, e tiene le donne inchiodate negli stessi ruoli per anni.
Discrimina chi, se una donna conquista un ruolo ambito, si vede che è la moglie di/la figlia di/l’amante di.
Discrimina chi veste le proprie figlie sempre di rosa, da quando nascono a quando cominciano a scegliere loro.
Discrimina chi a una riunione non sa dove mettere il cappotto o non ha una penna e con lo sguardo scarta gli uomini e fa cenno alla prima donna che vede in piedi.
Discrimina chi si riunisce in circoli ristretti di donne, per parlare solo di cose fatte, scritte, dette da donne.
Discriminano i premi dedicati alle donne, o le iniziative di sole donne, per sole donne.
Discriminano le donne che sostengono sia doveroso preparare la cena al proprio uomo, o stirargli le camicie, o pulire il lavandino dai suoi peli. Lo si può fare ogni tanto per amore, non certo per dovere. A meno che lui non sia disabile.
Discrimina chi parte dal presupposto che, siccome sei una donna, tu debba essere in un certo modo, sia tenuta a fare determinate cose, debba occuparti di altre e tutto ciò a prescindere da cosa vuoi essere o fare tu.
Discriminano i settori di scrittura femminile nelle librerie. E dover subire copertine melense per il solo fatto di avere le ovaie.
Discrimina chi ti chiede come mai non usi protagonisti maschili (seriamente: cosa c’è dietro questa domanda? Perché viene fatta?).
Discrimina chi non legge per principio un libro scritto da una donna perché “sa già che non gli piacerà”, o chi fatica a immedesimarsi in una protagonista femminile (è tutta la vita che mi immedesimo in protagonisti maschili e non è mai stato un problema, anzi: mi sono goduta dei capolavori della letteratura).
Discrimina chi parte dal presupposto che se una donna è nervosa è perché “ha le sue cose”. Forse, semplicemente, qualcosa o qualcuno l’ha fatta innervosire. Potrebbe persino aver ragione, alle volte.
Discrimina chi chiede a una donna “E figli?” come se quello fosse l’unico vero fondamentale scopo di una donna. Non lo è. Non per qualunque donna del creato, almeno, solo per quelle che lo desiderano.
Discrimina chi sostiene che se una donna non vuole figli c’è qualcosa che non va. O, se non ne fa, non sarà mai una donna completa. Che sciocchezze incommensurabili.
Discrimina chi accetta consigli professionali solo da uomini.
Discrimina chi pensa che una donna, sì, possa fare tutto, ma soprattutto debba fare tutto, quindi se lavora, deve comunque anche occuparsi della casa, dei figli, del marito e delle macchie di umido nella doccia.
Discrimina chi, nelle chiacchiere tra donne, finisce sempre a parlare male degli uomini.
Discrimina chi alza le spalle e sorride rassegnata dicendo “Eh, è un uomo, che ci vuoi fare”.
Discrimina chi giudica un uomo in base alle sue dichiarazioni e una donna in base alla sua avvenenza.
Discrimina chi insegna alle proprie figlie a rifare il letto e a fare il bucato, e non lo insegna ai propri figli.
Discrimina chi candida una donna perché le quote rosa, la tendenza, la bella figura.
Discrimina chi vota una donna perché è una donna.

Chi discrimina non sono solo gli uomini, né tutti gli uomini. Chi discrimina sono anche le donne, molte donne. E spesso lo fanno senza nemmeno rendersene conto.
La diversità deve essere un valore, non un argomento di discriminazione. E il valore delle persone è un valore individuale, che prescinde dal sesso. Ma i diritti devono essere di tutti e le etichette, i pregiudizi, i ruoli preconfezionati, i privilegi, le strumentalizzazioni vanno combattuti senza rischiare di crearne di nuovi e ulteriori.

Io non sono una femminista, per quanto condivida (e sia grata per) molte delle battaglie fatte, vinte, perse, in corso.
Io non faccio proprio una questione di genere, ma di diritti, di cultura, di mentalità.

Perché io sono una persona. E lo sono anche prima e dopo l’otto marzo, senza mimosa.