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"Ero una bambina molto allegra. Pure, c'era qualcosa che non andava, poiché a volte ero assalita da crisi furibonde che mi gettavano a terra, convulsa e violacea.
(...) Mi sono spesso domandata quale fosse la ragione e il senso di queste mie rabbie. Credo ch'esse si spieghino in parte con una profonda vitalità, e con un estremismo cui non ho mai rinunciato del tutto. Spingendo le mie repulsioni fino al vomito, e i miei desideri fino all'ossessione, un abisso separava le cose che mi piacevano da quelle che non mi piacevano. Non potevo accettare con indifferenza la caduta che mi precipitava dalla pienezza al vuoto, dalla beatitudine all'orrore; se la ritenevo fatale mi rassegnavo: non me la sono mai presa con gli oggetti. Ma non volevo saperne di cedere a quella forza impalpabile che sono le parole; il fatto che una frase buttata lì negligentemente rovinasse in un attimo le mie imprese, le mie gioie, mi rivoltava.
(...) Quanto alle mie sconfitte, non generavano in me ne' umiliazioni ne' risentimenti; quando, allo stremo delle lacrime e delle grida, finivo per capitolare, ero troppo esausta per ruminare rancori; spesso avevo addirittura dimenticato il motivo della mia ribellione. Vergognosa di un eccesso di cui non trovavo più in me la giustificazione, non provavo altro che rimorsi; anche questi si dissipavano presto poiché non duravo fatica a ottenere il perdono.
Tutto sommato le mie collere compensavano l'arbitrio delle leggi che mi asservivano, mi evitavano di raggelarmi in silenziosi rancori."

Simone de Beauvoir, Memorie d'una ragazza perbene

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