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Confortata dal recupero del mio tono muscolare, dopo una pausa settimanale causa pressione di un cadavere, ho ripreso La Passeggiata all'ora del tramonto (fusorario estivo e locale).

Con una variante, stimolata da Sara che ormai è diventata una runner tostissima: ho introdotto brevi percorsi di corsa nella mia rassicurante camminata veloce (va detto che Sara non mi ha MAI suggerito di farlo, lo dichiaro pubblicamente e la sollevo da qualsiasi responsabilità).

Così, dopo un paio di timidi tentativi, domenica sera è stato piuttosto facile farsi il pezzo da casa mia all'inizio della passeggiata di corsa. Senza fiatone (lascia che la palla di fuoco vada giù e io smetto di ansimare come un quattrozampe) e senza la sensazione di stare per morire.
Non è stata un'idea furba.

Proseguo col mio tipico passo da bersagliere e decido di ignorare quel fastidio dietro la caviglia sinistra. Dopo un po' controllo la scarpa, no, non c'è niente lì dietro che dovrebbe darmi noia. Eppure, dopo un altro po', il fastidio diventa un leggero dolore.
Ma io imperterrita proseguo a passo di marcia.
Non è stata un'idea furba.

Arrivata a casa il dolore non è poi così leggero ma decido che sono le scarpe che non vanno bene, dovrei prenderle un mezzo numero in più, vabbè, ormai le posso levare e il dolore passerà.

La mattina dopo non è passato.
Me ne frego, mi vesto e vado in ufficio.
La sera il dolore è ancora lì ma nella mia tabella di marcia c'è La Passeggiata quindi non si discute.
Se dico che non ho avuto idee furbe non lo dico per caso.
Così mi preparo, mi metto le scarpe, dò una sbirciata al firmamento, torno sul pianeta terra, levo le scarpe e asciugo una lacrima.
Ah, se quelle maledette pensano di impedirmi di fare la mia passeggiata si sbagliano di grosso!
Afferro le scarpette da palestra, non precipuamente da corsa ma nemmeno da danza, le infilo e parto.
Non è stata un'idea furba.

Ovviamente evito di correre -l'unica sinapsi sana si impone con fermezza sull'argomento- ma anche camminare col mio passo da bersagliere si rivela meno naturale del solito.
Torno indietro come qualunque persona sana di mente farebbe?
Andiamo, conoscete anche voi la risposta...

Arrivata a metà percorso mi chiedo come diamine farò a tornare a casa. Rinunciando a fendere l'aria con la mia supercamminata, tanto per cominciare.
Con calma e dignità, non sia mai che si esprima sofferenza in pubblico!, passeggio con la lentezza di una pensatrice che sta ammirando il tramonto ed elucubrando versi poetici sulla vita (versi la cui natura poco ortodossa virata sul blasfemo vi lascio immaginare).

Testa alta, spalle dritte, movimento lento e nessuna lacrima da bravo soldatino, raggiungo finalmente casa senza concedermi di zoppicare fino agli ultimi 300 metri. Lì non c'è nessuno, posso anche svenire.

Riassumendo:
1) ho il tendine infiammato, soffro in silenzio e spalmo antinfiammatorio ripetendo quanto sono deficiente
2) devo comprarmi un altro paio di scarpe e mi serve una consulenza in merito
3) comunque l'ho sempre detto che correre fa male
4) non è stata un'idea furba.

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