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Ogni tanto è giusto avventurarsi in iniziative alle quali non ci ha mai sfiorato neanche il dubbio di partecipare nella vita. Ogni tanto è sano farlo comunque.
Se poi il contorno è un bel week end tra amici con annesse risate e situazioni in bilico fra il trash e il surreale, è impossibile rinunciare.
Neanche se io e la neve siamo incompatibili come un cavaturaccioli e un album di figurine.

Ecco perchè sabato mi sono svegliata alle sette e sono partita alla volta di Santo Stefano D'Aveto, amena località montana dell'entroterra genovese, per provare l'ebbrezza di prendere la seggiovia sulla neve e guardare il mare in lontananza. C'era foschia.
Però avrei passato tutto il giorno sulla seggiovia (se non fosse stato per quella terrificante musichetta che sfregiava un pizzico l'atmosfera, con apice su In the jungle vista montagne innevate).

Ma la vera e grande prova di duttilità l'ho data al Prato della Cipolla (credo prenda il nome dal profumo di soffritto che viene dal rifugio ivi sito) quando ho dovuto indossare le temutissime ciaspole.
Dopo averle osservate per due minuti buoni, forte del mio ottimo voto in packaging preso ai tempi universitari, ho tradotto il loro funzionamento con pregevole velocità e non solo le ho indossate abilmente ma ho provveduto a farle indossare ad altri (spezzandomi un'unghia in questa seconda altruistica operazione, con mio immenso disappunto).
Dopodichè mi sono incamminata per il sentiero innevatissimo che portava in cima a un qualcosa baitamunito. E ho ciaspolato, ciaspolato e ciaspolato. Ciaspolato con la destrezza di Paperino -che con quelle robe ai piedi camminare non è la più comoda delle attività- su un sentiero di neve calpestata, in mezzo a una selva di alberi secchi e sentendomi pure in colpa per non provare il batticuore dell'essere in the middle of the nature. Bello era bello. I primi dieci minuti. Anche i primi quindici. Dal sedicesimo cominciava a essere una voce da smarcare dalla lista del "To Do, Maybe".

Non volendo smorzare l'entusiasmo di chi stava ciaspolando felice, ho proseguito fino all'illuminazione, balenata dopo una quarantina di minuti. Dall'illuminazione in poi è stato impossibile andare avanti. L'illuminazione si è rivelata sotto forma di iPod e voce dei Dii che dicevano Tu. Odi. Ciaspolare. Torna indietro (uno di loro ha anche detto Polenta e funghi, l'ho sentito).
Ecco perchè la mia prima e unica ciaspolata non è stata portata a termine, ma ha avuto un'ottima colonna sonora e un finale gastronomico di tutto rispetto.


La mattina dopo ci avrei anche riprovato, ma prima ancora che indossassi le malefiche ciaspole i Dii hanno scritto col glitter fuxia sulla neve Anche. Oggi. Tu. Odi. Ciaspolare.
Inutile dirvi quale sia stata la mia scelta, a quel punto, tra ciaspolare per quasi tre ore in salita e dormire al sole sulla riva del Lago delle Lame.

PS
La vera notizia è che sono sopravvissuta a due giorni interi senza internet. Non è stato facile. Hanno dovuto distrarmi in svariati modi (la torta di mandorle, il formaggio St. Stè, il prosciutto di cinghiale, la banda che suonava pezzi blues, il pub più tristanzuolo in the world ma tanto esilarante, un gatto bianco e nero che chiedeva grattapancia a tutti, il sole, etc).

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