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Non era una strega, povera vecchietta, era l'ultimo strascico dell'anno passato, con vestito lacero e scarpe bucate. Portava voti e buoni auspici. Voti ai buoni e ai cattivi, buoni auspici per l'anno appena nato.
La mia Befana passava dal camino (sempre avuto camini nelle case dove ho vissuto, penso proprio per la Befana dato che Babbo Natale passava dal soppalco e non chiedetemi perchè).
Comunque lei passava dal camino e mi lasciava una scarpa di cioccolato buonissimo pieno di dolcezze.
Ovviamente -da bambina ingorda e incontentabile qual'ero e qual'è qualunque bambino- non mi bastava, per cui appendevo la mia calza al camino esprimendo di anno in anno aspettative sempre maggiori.
Non vi dico quando ho scoperto che potevo appendere i collant...

E lì si andava di simbologia pesante.
Si, perchè più malata di me c'era mia mamma che ogni anno attribuiva antichi significati agli alimenti più assurdi, trasformando la mia calza in una succursale del verduriere.
Tipo.
La cipolla perchè avevo fatto piangere, l'aglio perchè ero stata cattivella (ma con grandi proprietà terapeutiche, mi piace pensare), il limone perchè ero stata acida, il carciofo perchè ero stata pungente.
Una scassacazzi di simpatica bambina, insomma.
Il buon vecchio carbone era stato un po' emarginato, ma c'era, c'era.
C'era bianco perchè comunque ero una brava bimba, c'era giallo perchè ero allegra, c'era nero perchè ero incazzosa.
Poi c'erano le monete di cioccolato per augurare soldini e ovviamente le lenticchie per lo stesso motivo (non fosse mai che il verduriere non avesse abbastanza soldi per la retta universitaria del figlio) e infine, finalmente, c'erano caramelle e cioccolatini.
Essendo quella dei collant una gran furbata, di roba ce ne stava parecchia, come avrete intuito.
E regalini? C'erano anche quelli, ma scrausi.
Perchè la Befana è una povera vecchietta, mica ha il budget di Babbo Natale o di Gesù Bambino, ecchediamine!

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