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Alle 5.30 eravamo in piedi, alle 6.00 eravamo da Starbucks a fare colazione, alle 6.30 partivamo agguerrite e determinate a non fare prigionieri.
Missione Black Friday.
Il Black Friday, giornata che vanta una mitologia a parte, è il venerdì dopo il Ringraziamento in cui i maggiori grandi magazzini di New York (e negli ultimi anni degli USA), tra cui il più grande grande magazzino del mondo, ossia Macy's, fanno sconti tali da far sì che la gente (non paga della notte all'addiaccio passata per vedere la parata) si metta in coda da mezzanotte, in attesa che, alle 5 del mattino, si aprano le porte del Paese di Bengodi.

Il buon livello di tirella è mantenuto dai saldi che scalano via via che passa il tempo, per cui

fino alle 8 può esserci l'80%, poi il 60% poi il 40% e così via. Oppure ci sono gli orari, c'è chi applica lo sconto (sempre notevolissimo) solo fino alle 10 o alle 11 o a mezzogiorno o all'una.
Pazzi, tutti pazzi.
E noi con loro.

Per dare un'idea della fregola da shopping che contagia la popolazione, considerate che alcuni anni fa l'addetto all'apertura delle porte di un centro commerciale è stato calpestato a morte dalla folla che entrava. Va da sè che non hanno interrotto le vendite (mi sono sempre chiesta se abbiamo almeno messo della segatura sul sangue rimasto dopo la rimozione del cadavere. Che si scivola).

Considerando ciò, capite da soli che le 6.30 era davvero prendersela comoda. Perchè noi non siamo fuori di testa come loro. No.
Alle 7 non dico si sgomitasse nei negozi ma poco mancava.
Quando, alle 8.30, siamo uscite da Macy con i primi tre chili a testa di acquisti, l'esclamazione della Fra è stata "Uh, cazzo, ha già albeggiato! Dobbiamo darci da fare!"
E insisto: l'abbiamo davvero presa easy.
Infatti alle 12 abbiamo deciso di fare una pausa.
Ma solo perchè la Ro era febbricitante e nel nostro codice morale non si abbandonano i soldati feriti. Quindi tappa a casa a lasciare i sacchetti, prendere le aspirine e via.

Non sperate che vi dica cosa abbiamo comprato perchè abbiamo risolto quasi tutti i regali di Natale, quindi niente spoiler. Ma posso dirvi che NON ho comprato il lucidalabbra rosa che la truccatrice di Macy mi ha messo a tradimento, mentre Francesca mi diceva "Stai calma, Barbara, stai calma".
Roberta sostiene che la vera ultima frase di Blade Runner, nella sua versione integrale mai resa pubblica, fosse, subito dopo le cose che voi umani non potete neanche immaginare, "Barbara con qualcosa di rosa addosso". Rende l'idea.
Comunque ho subito un'ingiustizia: abbiamo comprato due fondotinta da 42 dollari per avere in omaggio la trousse di Lancome piena di cose bbbbelisssime e il mio rossetto era monco. Senza neanche essere rosa.

Menzione speciale per il seguente dialogo:

- E' bello, è cashmere al 100%, ma poi lo so che trova da ridire sul fatto che è made in China.
- Be'? Tu rispondi che i bachi sono ben in Cina!
- ... Ehm... I bachi da cashmere?
Considerando che tosarli sarebbe un lavoro di microchirurgia, si capirebbe meglio perchè costi così tanto, comunque.

E altra menzione speciale per le vetrine dei negozi che in questo periodo sono vere e proprie scenografie. Ci lavorano per settimane (progettandole per mesi) e devo dire che anche solo passeggiare sulla Fifth Avenue in questi giorni è un vero e proprio percorso artistico.

Impossibile descriverle ma meritano e per quanto possa sembrare frivolo girare per negozi, vi assicuro che farlo a Manhattan ha un altro significato.
Si vive la città, si respira l'atmosfera, si osservano le persone, si recupera il senso di stupore, volendo anche ironico, ma ci si immerge in questa vita affascinante e così contraddittoriamente libera, a volte superficiale ma priva di banalità nell'esserlo. Anche quello che da noi è omologato cattivo gusto, qui è espressione di creatività e personalizzazione. E qui, davvero, girare col cappello a cono damascato di Silente sarebbe assolutamente ben accetto, senza l'oppressione del giudizio di chi non lo indosserebbe.
Amo i musei di New York ma confesso che avendoli visitati e spesso più volte, quando torno qui mi piace fare la cittadina anzichè la turista, nel limite del sensato.

La giornata di shopping si è conclusa alle 19 dopo chilometri macinati e ore di intenso allenamento a gambe, glutei, braccia e schiena. Altro che palestra.

Una cena leggera al giapponese ci stava proprio e l'essere sedute al banco dei cuochi ci ha regalato l'imperdibile occasione di fare le omarelle del sushi: mentre Roberta si spegneva lentamente sui noodles, io e Francesca, a braccia incrociate, facevamo le nostre valutazioni sull'abilità o meno dei quattro orientali che maneggiavano palline di riso, pezzi di pesce crudo, foglie d'alga e polpa di granchio decretando il migliore, il peggiore, il più lento e forse il più vecchio ma non è detto, signoramia, che con questi non si capisce mai l'età!

Ps
Roberta is still alive.

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