Seriamente, io penso che tutti dovrebbero conoscere Davide Enia.
Credo che lui sia un dono degli Dei (quelli che volete, a ognuno il suo, lui comunque è un dono che viene da quelle parti).
Davide Enia è un drammaturgo, un cantastorie, uno scrittore e molte altre cose.
Quando lui racconta -a teatro, alla radio, sulle pagine di un libro- fa magia come Rembò faceva col pallone.
Davide Enia è poesia e viscere e il suo Rembò è un golle all'incrocio dei pali. Minchia se lo è.
"Minchia" in palermitano è ma per davvero un ritmo del pensiero, un impasto di suoni che traducono una urgenza del sentimento. Non è -soltanto- una parolaccia che rimanda all'organo sessuale maschile (da noi, con mirabile e inquietante rovesciamento: rappresentato da un termine femminile), ma è un suono che precede (come ogni suono) il significato, al punto tale che "minchia" può indicare dolore, paura, stupefazione, amore. Esempio: una femmina che ti piace tanto ma accussì tanto che ti fa un sangue micidiale (in dialetto palermitano, quando si dice che una "ti fa sangue" significa che ti piace tantissimo), ecco: se 'sta femmina qua all'improvviso ti dice che ci ha voglia di baciarti sulle labbra, l'unica cosa che tu potresti riuscire a dire, le labbra serrate per non esplodere in un sorriso di immensa gioia, l'unica parola che potrà germogliare dalla tua stupefatta e miracolata bocca sarà: "minchia". Altro esempio: davanti ad un golle leggendario, l'unica esclamazione possibile sarà: "minchia golle!". Accussì è: di fronte all'indicibile dell'esistente, il palermitano questa oltranza impronunciabile la battezza con una parola contenitore: minchia. Inoltre, sincerità per sincerità, mi piaceva assai l'idea di dire subito in una radio nazionale, in prima puntata, all'inizio di Rembò, codesta parola. Chìsto è. Minchia verità! (Davide Enia, Rembò)
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