il-lato-positivo-locandina-280x408Visto, così posso parlarne.
Mi sono divertita, è una commedia buffa, ben recitata e il doppiaggio non fa venir voglia di strapparsi le orecchie a morsi.
Ci siamo tutti immedesimati in qualcuno, in qualcosa, nei maniacali rituali, nei meccanismi di fuga, di attacco, di negazione dell’evidenza, abbiamo ridacchiato di noi stessi con affettuosa indulgenza, abbiamo tifato e abbiamo nutrito le antipatie esattamente come il regista intendeva farci fare, perché dalla griglia imposta non è possibile fuggire e chi deve essere odioso ci è odioso, chi deve far tenerezza la fa, chi deve far ridere lo fa.
Non è il film che consiglierei a gran voce di non perdere assolutamente, ma è un film gradevole, rilassante, prevedibile ma non noioso, ha un buon ritmo e dialoghi brillanti. E ha un’ironia che tiene il livello un po’ più su della media delle commedie simili.
Però l’ho trovato un’occasione mancata, perché il tema della “pazzia” comune è interessante ma soprattutto quello del bipolarismo è serio e il fatto che il protagonista sia un bipolare che però le medicine lo intontiscono e quindi è meglio correre, pensare positivo, darsi un obiettivo, ballare e innamorarsi, ecco: no.
Giusto tutto tranne il divertissement di trattare una malattia vera come un lato eccentrico che in fondo siamo tutti un po’ matti e abbiamo tutti le nostre manie e stranezze, non esistono persone “normali” quindi si può risolvere tutto godendosi la vita e lasciandosi curare dall’amore.
Un par di balle.
Detto ciò, mi aspettavo che sotto il cappotto Jennifer nascondesse una mise mozzafiato, ma ripensandoci non avrebbe avuto senso, era giusto così, una mise da 5. E lui, che non è il mio tipo, soprattutto con quella tuta di cui si comincia a sentire il fetore da metà film in poi, con la camicia bianca sta da dio (senza cravatta, cara, senza cravatta, ha ragione lui).
Del resto le camicie bianche hanno su di me l’effetto che le autoreggenti e il pizzo hanno sugli uomini.