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Stamattina mi sono svegliata pensando alle click clack.
Non chiedetemi perchè.
Sarà stata colpa del feroce mal di schiena che mi ha fatta voltolare tutta la notte alla disperata ricerca di una posizione meno dolorosa (che, qualcuno mai se lo stesse chiedendo, non ho trovato).
Comunque.

Dicevamo le click clack, quel gioco con due palline attaccate a due cordini tenuti da un anello.
Bisognava farle sbattere fra loro sempre più veloci, sempre più veloci, sempre più veloci con frenetico, rumorosissimo e totalmente inutile, click clack.
Non credo servisse nemmeno per far ginnastica al polso.
I più virtuosi, e io ero una virtuosa, riuscivano a farle sbattere sia sotto sia sopra la mano, ovviamente, manco a dirlo, velocemente.
Le mie erano rosse.

Certo, la mia generazione, sui giochi, non ha molto di cui vantarsi.
I nostri nonni e genitori si accontentavano di poco per divertirsi, spesso anzi dovevano aguzzare l'ingegno per inventarsi nuovi giochi e bastavano dei tappi di bottiglia per dare vita ad appassionanti partite di ciclotappo.
Le nuove generazioni vanno sul tecnologico e senza star qui a dissertare su quanto ci si possa rincoglionire sarebbe onesto ammettere che, tecnologicamente, i ragazzi di oggi ci fanno il culo.

In mezzo noi, con le click clack...

Chissà se era una sorta di messaggio subliminale, di imprinting occulto, di tacito allenamento alla distruzione capillare degli oggetti sferici verso cui focalizzare la propria aggressività repressa...Ma temo di no. Credo proprio che, semplicemente, noi fossimo una generazione a cui dare le click clack.

Vabbè.

click-clack

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