Quando Il Secolo XIX mi ha chiesto di scrivere un racconto da pubblicare, ero molto in dubbio. Un racconto di due cartelle, su qualcosa che per me è estate, da scrivere in pochi giorni.
La mia prima, tipica, reazione è Non ce la faccio mica.
La sera, mettendomi i tappi di cera nelle orecchie (quelli che sono DAVVERO tappi di cera per le orecchie, e che mi assicurano il sonno nelle notti da finestre aperte), il mio compagno mi ha detto, trattenendo a fatica la risata. Ecco cosa dovresti raccontare: la storia delle palline di cera.
Erano anni, tra l’altro, che Sara Lando, colei che ha vissuto in diretta l’avventura (via sms, di quarto d’ora in quarto d’ora, e vi lascio immaginare quanto rideva e ha riso per giorni, settimane, mesi, anni) mi pregava di regalare al mondo quell’aneddoto, rimasto a lungo tra i racconti di pochi, fidati, amici.
Forse era l’occasione giusta.
Sì, era l’occasione giusta.
Va da sé che la mia prima, tipica, reazione è stata Non riuscirò mai a riassumere in due cartelle quella storia.
Solite sciocchezze, scaramanzia. Un po’ come il Moriremotutti.
Se vi va di leggere come sono riuscita a incasinarmi le orecchie, finire al Pronto Soccorso e diventare leggenda, tutto in poche ore, trovate il racconto oggi sul Secolo XIX oppure online qui.
Divertitevi, tanto non vi sento.
Ho le lacrime agli occhi. Ma in dignitoso e rispettoso silenzio 😀
E’ un commento che oggi sto ricevendo da tutte le parti 🙂