MuriIl manicomio non sono i muri di un ospedale psichiatrico, il manicomio sono i nostri schemi mentali.

Mariuccia è un’infermiera che vedeva e non capiva, e le sembrava tutto normale, e che oggi si vergogna a dire che le sembrava normale quell’esproprio che veniva fatto agli utenti di quei lager, privati della dignità, della voce, dell’intimità, della possibilità di lavarsi, di pettinarsi, di usare il coltello per mangiare o di esprimere un sogno. O anche solo di averlo, un sogno.
Persone fatte impazzire dal dolore e dalla solitudine, gettate via da mariti violenti, da genitori imbarazzati, da figli infastiditi, violate nell’anima e con l’umanità fatta a brandelli.

Mariuccia racconta. Racconta col suo accento triestino e la semplicità della donna di buon senso, della madre di famiglia che c’era, che non capiva perché, che puliva i pavimenti e i vetri e vedeva le recluse del reparto M, quelle calme, sedute per dodici ore su panche, in silenzio, vestite di abiti impregnati di urina, isolate nelle stanze di contenimento in base all’umore delle capo infermiere -acide e crudeli- o trattate con l’elettroshock per sedare una naturale difesa dalla violenza.
Non era terapia, era punizione, tutto quello. Era pura e spietata brutalità considerata normale.
Si vergogna, Mariuccia, ad averlo creduto.

Finché non è arrivato un dottore che aveva sentito l’odore delle carceri e ne riconosceva la stessa natura nei manicomi, un uomo chiamato il Filosofo, che è arrivato un giorno, con la sua equipe, e ha rivoluzionato il pensare, il trattare, il comprendere, il curare. Facendo aprire le porte e consegnando consapevolezza e rispetto, senso di responsabilità e crescita umana e professionale.
Quell’uomo si chiamava Franco Basaglia e ha elevato le coscienze e abbattuto gli schemi mentali.
E Mariuccia ha capito che solo abbassando il livello di miseria e alzando la qualità della vita, solo rispettando chiunque e capendo dove si annida il suo dolore e solo dandogli la possibilità di avere una esistenza migliore, si può migliorare la propria esistenza. Solo così si possono abbattere i muri.

Muri. Prima e dopo Basaglia di Renato Sarti
Un testo nato da una testimonianza vera, scritto magistralmente senza intaccarne l’autenticità.
E un’attrice, Giulia Lazzarini, che ancora una volta innalza se stessa, il teatro e tutto il pubblico ad altezze vertiginose dove l’emozione ti soffoca e ti inchioda.
Uno spettacolo da cui si esce pensando, capendo e guardandosi intorno con la consapevolezza di avere un nuovo muro da abbattere, l’indifferenza generale, e l’urgenza di abbatterlo prima che ci inghiotta.