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Si riesce a ridere del proprio dolore? Si deve, secondo me. O si dovrebbe, per lo meno chi è dotato di quel superpotere che è l'ironia e l'autoironia.
Non è affatto facile, nessuno dice questo, ma può essere una straordinaria forma di salvezza e un ottimo esercizio narrativo.
Per la penultima esercitazione, ho chiesto agli Scrittori Pigri di raccontare una delusione amorosa in modo divertente.
Devono riuscire a mostrare il dolore, a farlo arrivare a chi legge, ma con una cifra ironica capace di far ridere o sorridere il lettore.
Cercare di offrire un punto di vista diverso, inusuale, inatteso può essere una buona tecnica di scrittura e costringe chi scrive a trovare un modo di raccontare che magari non aveva preso in considerazione, lo costringe a dare una lettura diversa dei fatti o delle sensazioni, lo costringe a rinunciare alla rassicurante posizione di chi ha dalla propria parte la comprensione di chiunque e mettersi nella più scomoda posizione di chi contrasta il sentire comune. Questo è quello che possono fare, per esempio, la satira, il sarcasmo, l’ironia: creare un distacco emotivo e dissacrare qualcosa di condiviso.

Questa è l'undicesima esercitazione del GSSP Scrittura e Narrazione.
Entro lunedì devono consegnare, io leggerò e commenterò tutti i loro testi, colorando in verde i punti dove vedo ironia.

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